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“E la bugia che rompe ogni silenzio È la bugia che dico solo se non penso Ti prego non fermarti proprio adesso Perché dopo non so può… “ Stop! Dimentica – Tiziano Ferro “Andare al raduno a Mandello del Lario è sempre un piacere…”, pensa Paolo mentre la strada scorre veloce sotto le sue ruote. “…e quest’anno ancora di più! Sono novant’anni di vita della Guzzi ed io sto salendo verso il Lago di Como su una moto nuova!!!! Erano oltre dieci anni che non sentivo questa emozione…”, prosegue nel pensiero mentre scorge nello specchietto retrovisore i suoi amici che lo seguono in fila.

 

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Per uno strano caso, è sempre lui a fare da guida sulla via di Mandello, forse per i suoi tanti anni di militanza bicilindrica, forse per i tanti viaggi ed i chilometri percorsi che fanno di lui un riferimento sicuro per il piccolo drappello di Guzzisti che si è levato di mattina molto presto e, dalle coste del Tirreno sale su verso la Lombardia per rendere omaggio al marchio a due ruote che hanno nel cuore. Il paesino lariano dorme ancora quando il gruppo arriva. Alla notissima rotonda di via Parodi, il cuore di tutti batte all’impazzata. Eccoci! Ancora una volta siamo arrivati a Mandello e la festa può iniziare. La cosa che colpisce subito il gruppo è l’enorme numero di moto che affollano ogni angolo libero del paese. Mai viste così tante moto in riva al lago, eppure sono anni ed anni che la passione li porta alla storica fabbrica, eppure una folla simile non si era mai vista. “Giriamo di qui a cercare posto!”, dice Paolo agli amici, iniziando a vagare per le vie del paese in cerca di un luogo dove mettere le quattro moto. Incredibile, sembra non ci sia spazio nemmeno per un “Trotter”… Finalmente, svoltando in una stradina secondaria, ecco uno spazietto tra alcune “California”. Il gruppo toscano si sistema, commentando l’affluenza di pubblico. Appena issata sul cavalletto la sua “Stelvio”, Paolo rimane come colpito dalla “Stone” grigia accanto a lui. Si capisce che il mezzo abbia un proprietario femminile, visto il tocco delicato di alcuni dettagli nonché una pinza per capelli fissata allo specchietto di destra e per finire un piccolo adesivo sul parabrezza che proclama “Sorelle bicilindriche”. Mentre Paolo si toglie il casco, sistema guanti e tutto il resto nelle borse Trax, ascoltando distrattamente quanto stanno commentando gli altri amici, è come rapito da quella moto ed è incuriosito dalla sua proprietaria. “Chissà come sarà questa ragazza… “, pensa tra sé immaginando migliaia di silhouette, migliaia di tagli di capelli e migliaia di abbigliamenti tra le tantissime persone presenti. Nello svolgere tutte le operazioni, mette una sorta di lentezza, rallentando palesemente movimenti quasi volesse attendere l’arrivo della legittima proprietaria. La stessa però, non sembra apparire all’orizzonte. “Avete visto che bella questa Stone?”, chiede agli amici che annuendo iniziano a lanciare un coro di improperi scherzosi verso l’amico. “Ma dai! E’ una moto qualunque!!! Solo perché hai capito che è di una donna non per questo deve essere più bella… ahahahahahaha”. “Bella si se è bella la proprietaria….”. E in una serie di risate leggere il gruppetto si dirige verso il bancone delle iscrizioni, pronto per immergersi nell’atmosfera del raduno. Camminano a piedi tra le Guzzi posteggiate ovunque, in mezzo ad una fiumana di gente che pare non terminare mai e loro, come salmoni che risalgono la corrente, si dirigono a fatica verso il numero 57 della più famosa via di Mandello del Lario. “No ragazzi! Ho dimenticato la stampa dell’iscrizione nel baule! Corro a prenderla mentre vi mettete in coda?”. “Vai, vai… così magari incontri la tipa della Stone…”, dice ironico Luca accendendosi l’ennesima sigaretta. “Magari!”, replica Paolo trotterellando verso il luogo dove hanno sistemato le loro moto. Corre allegro nel bel sole di fine estate con l’anima leggera per l’evento e con in fondo al cuore, la remota speranza di vedere davvero quella ragazza. Sa che è impossibile, incontrarla nella miriade di persone che affolla il paese, nelle decine di cose da fare durante la kermesse mandellese, in mezzo a quel dedalo fatto di moto. Eppure, il caso, la fortuna o il karma di Paolo fanno si che accanto alla sua Stelvio NTX, ci sia una figura femminile che sta armeggiando nelle borse laterali. “Non ci posso credere! E’ lei…”, pensa arrivando alla moto posteggiata. Di spalle la fanciulla si presenta con capelli lunghi e bruni che scendono sulle spalle, ha un bel fisico vista da dietro, fasciata com’è in un paio di jeans stretti che terminano in un paio di semplicissime scarpe da tennis. Paolo non riesce a non apprezzare la bella forma del lato “B” che la stessa espone involontariamente essendo chinata sulla moto. Gli occhi di lui cadono inevitabilmente al bordo candido di un perizoma bianco che fa capolino dal bordo dei pantaloni. “Se il buongiorno si vede dal mattino… Oggi è una giornatona!!!”, pensa Paolo nella sua testa. La ragazza è posizionata in modo da impedire a lui di accedere alla borsa laterale destra, ed anche se ciò che cerca è altrove, l’istinto di vedere che faccia abbia la “donna della Stone”, fa si che lui si posizioni accanto alla sua moto come in attesa che lei abbia terminato le sue operazioni. La giovane lancia uno sguardo veloce verso di lui e, con fare sbrigativo afferma: “…scusami… ho finito tra un secondo…”. “Fai tranquilla non ho affatto fretta…”, sorride lui con una nota di disappunto che non traspare ma che sente dentro di sé per il solo fatto di non aver potuto scorgere la forma del viso di lei. La giovane termina il suo movimento attorno alla moto e fa per spostarsi e lasciare spazio a Paolo. L’uomo vorrebbe trovare una scusa qualunque per attaccare discorso, per il solo motivo di capire un po’ di più su questa donna e la sua moto accanto alla quale si è trovato. Eppure, la sua timidezza, i suoi modi sempre cortesi ed un po’ impacciati specialmente verso il gentil-sesso fanno si che non riesca a trovare le parole giuste per farlo. Pazienza, la donna scomparirà nel nulla come è comparsa, e lui si limiterà a sognare di lei nelle notti insonni e nulla più. Quando però la giovane si volta del tutto, i loro sguardi si incrociano per un attimo e, come due motociclisti che si salutano quando si incontrano, nel momento stesso in cui i visi si osservano, fermi immobili, gli occhi dentro gli occhi e poi a guardare la forma del viso, le labbra si schiudono in un sorriso lieve, di colpo lui esclama: “Silvia! Tu sei Silvia!!!!!”. “Prego?!?”, replica lei con sguardo perplesso in direzione di colui che la sta fissando e sorride con sguardo fisso su di lei. “Si… Silvia, colonia di Vacciago, Lago d’Orta in provincia di Novara, estate 1996… Sono Paolo, allora giovane educatore di Livorno… Ti ricordi?”. “Ma… ma…”, esita lei sistemandosi i capelli con un gesto leggero della mano che emana sensualità, “…tu sei quel Paolo…”, mettendo una certa enfasi sull’aggettivo dimostrativo che enfatizza la striminzita frase. “Ciao!!!… tutto questo è incredibile….”, dice lei sciogliendosi in un abbraccio sincero con quel giovane appena visto e ritrovato. L’ultima volta che si sono visti era proprio in occasione di quella colonia estiva dove entrambi lavoravano, lontano da casa e dagli affetti, immersi per un lungo periodo a contatto di gomito giorno e notte e, da quella frequentazione era nata una simpatia e forse qualcosa di più. “Ma tu vai in moto! E che moto!”, dice Paolo con tono di voce un po’ sopra le righe che fa voltare le persone di passaggio. Non riesce a contenere l’entusiasmo. “Raccontami tutto!!!! Ma quanto tempo è che non ci vediamo? E poi eccoci qui a Mandello per i novant’anni della Guzzi…. non posso crederci davvero…”, lui sente come un moto incontenibile dentro di sé, come se di colpo la manetta della sua Stelvio fosse stata girata a fondo e tutta la cavalleria del “quattrovalvole” si fosse scaricata a terra. La donna finisce di sistemare le cose nella moto ed accende una sigaretta. “Vuoi?”. “No grazie ho smesso da un po’…”. “Bravo… io non riesco… Ma dimmi un po’… anche quell’anno li eri venuto in colonia dalla Toscana in moto… se non ricordo male… era una Guzzi… vabbè ovvio… rossa vero?, un V35?”. “Quasi… “, ridacchia lui, “era un V50… un pelino più grande… un mostro di potenza…”, aggiunge sorridendo con ironia. “Quanto ti ho invidiato allora…, anche io desideravo una moto ma non ho mai potuto comprarla… eppure oggi.. eccomi qui con –Sharazade-….”, e getta lo sguardo verso la “Stone” li posteggiata, soffiando in alto il fumo azzurrino della sua Camel. “Sharazade! Che bel nome… la principessa delle Mille e una notte… che incanta il sultano con i suoi racconti…un po’ come te se non ricordo male…”, dice con tono ammiccante. “Un po’ si…”, sorride lei un po’ in imbarazzo, ricordando le lunghe nottate a parlare con Paolo sulla terrazza della colonia nel fresco della sera. “Che bello averti ritrovato…”. “A chi lo dici…”. Uno squillo di un telefono cellulare rompe per un istante l’idillio tra i due. “Scusa sono le mie amiche che mi cercano… Pronto Anna? Si…”. “Anche io dovrò chiamare i miei soci…”, pensa Paolo in quel momento e si accinge a spigare il fortuito quanto gradevole incontro. “Pronto Luca… si sono Paolo… ci vediamo più tardi.. ok?” e in un attimo liquida i suoi compagni di viaggio per dedicarsi al molto più interessante incontro della giornata. “Tutto a posto! Possiamo andare?”, chiede lei come se fosse la cosa più normale della terra, come se quegli anni di silenzio fossero inghiottiti improvvisamente dal momento dell’incontro, che ha cancellato la distanza di spazio e di tempo. Ora sono li, di nuovo assieme e ben lieti di esserlo. “Io devo ancora iscrivermi… però vorrei offrirti un caffè se posso…”. “Andiamo dai… ti seguo…”, e prendendolo a braccetto si avviano verso le iscrizioni cercando di raccontarsi tutto il tempo trascorso in un istante. Nell’ascoltare Silvia parlare, Paolo ha l’impressione di trovarsi come protagonista della canzone “Incontro” di Francesco Guccini, dove “E correndo mi incontrò lungo le scale quasi nulla mi sembrò cambiato in lei…”, solo che non si sentiva avvolto dalla mielosa tristezza raccontata dal testo ma da una incontenibile gioia di aver ritrovato una persona cara, perduta per mille motivi nei meandri del tempo. E ora, quella donna era li, accanto a lui in coda per l’iscrizione al raduno che attendeva da mesi, accomunati dalla stessa passione per quei mezzi a due cilindri che fanno battere il cuore. Di colpo, però a Paolo arrivano alla mente due pensieri prevalenti che si portavano in prima posizione nella sua testa sgomitando sugli altri. Il primo esce dalla sua bocca all’improvviso, come un’esigenza imminente di dover per forza dire o fare qualcosa. “Scusa Silvia… scusa scusa se ti interrompo…”. “…si…”. “Ma tu quanto ti fermi a Mandello?” “Fino a domani… perché?”. “Ah ok… anche io…”. Fa quella domanda perché vuole capire quanto sia il tempo a loro diposizione per raccontarsi per filo e per segno tutto il tempo trascorso nel silenzio, un silenzio forse forzato, forse voluto da entrambi che oggi per incanto si rompeva in riva a quel lago… Ma non era solo questa la domanda che Paolo voleva porre a Silvia, anzi la seconda era anche più pressante della prima. E’ incuriosito da tutta quella situazione che metteva come in secondo piano il raduno, gli amici e tutto il resto. E’ felice di aver trovato quella ragazza scomparsa dalla sua vita come un fulmine, repentino ed inatteso, come era apparso. Nel corso del dialogo, diretti verso quel bar che lui amava, così nel cuore del raduno, così caro perché era il luogo dove aveva mangiato una pizza con l’amico più caro il giorno in cui aveva ritirato la moto nuova e dove voleva bere quel caffè assieme a lei, trovando il coraggio di porre alla giovane la domanda fondamentale. Con una sorta di distacco un po’ artificiale, mentre racconta di moto e di viaggi, approfittando di una leggera pausa che la ragazza metteva nel suo discorso, Paolo chiede: “…e tu sei sposata?”. “Si… cioè no…. Allora…”, si interrompe lei con una mezza risata, “…io sono separata ed ora convivo da un po’ con un’altra persona…scusa ma faccio sempre un po’ fatica a specificare… in fondo non mi sono ancora abituata ai cambiamenti…e tu?”. “… io sono sposato e basta…”, ironizza lui. “Figli?” “Due… anche tu ne hai?” “Io uno grande… che per fortuna adora il mio compagno… pensa che sono rimasti a casa per andare allo stadio domani… A me il calcio non è mai piaciuto… molto meglio essere qui…”, fa lei posando la tazzina e prendendo il pacchetto giallino dalla tasca. “Nemmeno a me è mai piaciuto il calcio…”, dice lui sentendo ancora una volta un elemento in comune con la donna che esce dalla porta per fumare la sua sigaretta. Anche Paolo coglie l’attimo per fare una lunga telefonata ai suoi amici, volta a spiegare la sua assenza per quello strano ed inatteso incontro, dopodiché si dirige insieme a lei verso il banco delle iscrizioni, traboccante i gente, parlando continuamente di quegli anni che hanno visto il più totale silenzio. Le loro vite si ritrovano in quello luogo a loro così caro e tutto attorno a loro sembrava sparire in un attimo: solo loro due, la Guzzi e due mezze giornate da passere insieme. “Entriamo subito al museo, cosa dici?”, chiede lui con cortesia. “Si va benissimo…”. “Ci sarò già stato un milione di volte, eppure mi esalta sempre di più, la nostra storia, le corse, le persone… che bello…”, e dicendo così la sua voce si vela di emozione, gli occhi si fanno un pochino lucidi. Nonostante il tempo, l’età e tutto il resto ogni volta che arriva in riva al lago di Como, in quel paesino che abbraccia la fabbrica e la sua aquila d’oro, qualcosa di speciale può succedere sempre. “Mi ricordo di te in colonia quando partivi con il discorso sulla storia della Guzzi!”, dice lei ridendo con affetto e passando appena la mano sul suo braccio in segno di vicinanza. “Immagino! Sai che palle vi avrò fatto!!!”, replica lui con un sorriso. “Ma no! La tua passione, il tuo modo di esprimerti e l’amore che mettevi nel raccontare a tutti noi del tutto lontani da questo mondo rendeva molto bene l’idea di qualcosa di grande, di trascendente che animava te e tutti guzzisti! In fondo la mia passione per le Guzzi è nata un po’ li… grazie a te. Se siamo qui oggi è grazie a quelle parole dette sul terrazzo una sera di luglio… per certi versi mi sembra incredibile… eppure…”, e così dicendo si stringe un po’ di più a lui, scatenando un brivido nel corpo di Paolo che dopo tutti quegli anni, si trova a riscoprire in mezzo alla folla in una situazione del tutto anomala un’emozione del tutto particolare. “Ma pensa un po’… ho creato un mostro!”, rideva lui stringendo la ragazza a sé con fare delicato ma deciso che lasciava intravedere il suo protendersi verso di lei. Camminavano lungo i grandi corridoi del museo, circondati da quei veicoli che avevano scritto la storia della motocicletta in Italia e nel mondo e che oggi migliaia e migliaia di appassionati erano venuti a celebrare. Per Paolo e Silvia però c’erano solo loro due, l’essersi trovati ed il sapere che quel momento in fondo non sarebbe durato in eterno. Durante le ore trascorse insieme, la distanza si era annullata, quel feeling che era nato tanto tempo fa si era riacceso come un vulcano spento da troppo tempo che, di colpo riprende la sua attività. Per l’uomo non era solo un fatto di attrazione fisica verso una donna oggettivamente bella, era tutto l’insieme di lei che sprigionava un nonsoché di magnetico, una sensualità come involontaria che traspariva dai suoi modi semplici e gentili, dalla sua carica erotica che sapeva emettere senza mai atteggiarsi, il tutto condito da una buona passione per le Guzzi che rendeva il tutto magicamente interessante. Terminano la visita al museo, ai vari stand sparsi in lungo ed in largo per tutto il paese e, ad un certo punto, Silvia esce con una frase del tipo: “…senti Paolo… e se andassimo a fare un giro lungo il lago io e te? Mi piacerebbe da matti l’idea che ne pensi?”. Paolo pensa per un attimo alla proposta di lei. Lui ha sempre odiato il giretto pomeridiano durante il raduno, tanto richiesto dai suoi amici, preferiva infatti rimanere immerso nell’atmosfera bicilindrica il più a lungo possibile senza uscire mai da Mandello. Oggi però, l’occasione era del tutto differente. Un giro con lei, con Silvia in sella alla sua moto, lui e lei lungo la strada del lago, oggi dopo tanto tempo è un’occasione davvero da non perdere. “Ma certo, andiamo adesso?”. “Ok dai… poi ci sistemiamo per la sera”. Anche l’ultima frase di lei lascia qualcosa di sospeso, di non chiaro, ovviamente per lui foriero di chissà quali speranze. Sposato lui, accompagnata lei, entrambi con prole a casa, non riusciva ad immaginare se non un bacio clandestino di addio una volta in direzione di casa, Eppure, nel fondo della sua mente, il pensiero di poter abbracciare il corpo di lei, di sentirne il profumo, di poterne sfiorare le curve lo eccitava e lo faceva sognare ad occhi aperti. Salgono in sella e nel traffico convulso di Guzzi nuove e vecchie che affollano le strade, raggiungono la statale, puntando verso nord. Il sole splende alto nel cielo, una leggera brezza spazza le nubi e tutto procede davvero per il meglio. “Facciamo un pezzetto verso nord?”, chiede lei prima di chiudere la mentoniera del suo modulare. “Si ok… ci prendiamo un caffè e torniamo…magari incontriamo anche George Clooney che gira per Laglio con la sua Harley…”, scherza lui con il manubrio della Stelvio tra le mani. “A me George non interessa, io ho una compagnia molto migliore oggi… andiamo…”, fa lei strizzando l’occhio ed ingranando la prima dopo aver sistemato il casco. Paolo segue la scia della Stone. “E io sarei la compagnia migliore… incredibile…”, pensa facendo salire di giri il “quattrovalvole”. Mentre le moto salgono tranquille lungo le anse lambite dall’acqua, i suoi occhi sono fissi sui quel doppio faro della moto davanti a lui. Silvia conduce il suo mezzo con abilità e sicurezza, il suo corpo asseconda le curve e sembra danzare lungo la strada. Gli occhi di Paolo sono fissi su di lei. A poca distanza gli sembra quasi di sentire il profumo di lei che come una leggera scia lo anticipa di poco. A bordo del suo mezzo non riesce più a pensare a nulla se non a quell’incredibile incontro di oggi. Si ritiene fortunato ad aver ritrovato quella donna dopo tanto tempo, dopo anni di forzato silenzio favorito dalle pieghe del tempo che li ha separati ed oggi, come in un’ironica coincidenza, di nuovo riuniti ed affondati nello stare insieme escludendo ogni altra presenza. “Meno male che ho degli amici comprensivi…”, pensa Paolo per un attimo, sapendo di aver scaricato del tutto la sua compagnia, certo di rivederla di li a poco per la serata. Al rientro a Mandello, lui e Silvia si sarebbero separati e poi chissà… Il California mette la freccia a sinistra e si sistema in una piccola area di sosta che domina tutto il lago. Non sanno nemmeno dove sono. “Qui è bellissimo…”, dice lei togliendosi il casco. “Mi basta contemplare un attimo questo splendido panorama per sentirmi in pace con il mondo… Io e la mia moto e… questo amico ritrovato…”, dice lei prendendo il viso di Paolo tra le mani. “A chi lo dici…”, fa lui posando le sue su quelle di lei. Avrebbe la voglia irrefrenabile di baciarla, di abbracciarla ma non ne ha il coraggio. Vorrebbe dirle tutto quello che in poche ore era salito su alla sua mente con la forza di un fiume in piena. Non ci sarebbe riuscito. Qualche attimo ancora ed eccoli di nuovo in sella per il rientro. Come quella lontana sera sul terrazzo di quella colonia, l’occasione si perdeva nel vento e si scioglieva nell’acqua ferma del lago. Per perdersi una volta ancora… Ritornano a sistemare le moto in un’altra viuzza laterale in quanto il numero dei Guzzisti aumenta a dismisura con il passare del tempo. “Certo che ormai è quasi ora di cena…”, dice lei sistemando con cura la Stone ed osservando il suo orologio da polso. “Con te il tempo vola… se pensi a quanto ne è passato dal nostro ultimo incontro…”, dice lui con una vena ironica. “Mi sa che non recupereremo mai abbastanza…”. “Eh… forse no…”. “Cosa dici facciamo un giretto ancora… poi se ti va mangiamo insieme… se però vuoi raggiungere i tuoi amici…”. “Mah.. si come vuoi tu… le tue socie dove saranno?”. “Sinceramente non lo so… ma se dovessero avere problemi caso mai mi chiamano…”, dice lei ridendo e prendendo dalla giacca l’accendino. “Io voglio rimanere con te Silvia…”, dice lui con un tono che appare quasi supplichevole. Come se l’andare via di quella donna significasse la fine di tutto, la gioia di quell’incontro e di quel tempo trascorso insieme venisse inghiottito da un buco nero per sparire per sempre. Eppure, Paolo è ben consapevole che di li a poco il loro incontro sarebbe terminato e dopo forse altro silenzio, oppure oggi con una supposta maturità dei due, l’evoluzione dei sistemi comunicativi sarebbero riusciti a mantenere un contatto. Mah si, in fondo una email, un sms e una richiesta di amicizia sui tanto decantati social-network sono un modo semplice per mantenere viva l’amicizia riannodata quel giorno nel più casuale dei modi. “A me va benissimo mangiare un panino in riva al lago…”, dice lei con estrema semplicità. “…figurati… lo sai come sono…”, fa Paolo dando per scontante un bel po’ di cose che Silvia coglie al volo, infrangendo ancora una volta le barriere del tempo e dello spazio. “Ok allora… andiamo…”. “Andiamo!”, risponde lui prendendola sotto braccio. Il sole cala all’orizzonte, la sera si illumina di mille fari bianchi e rossi che frugano nel buio del lago. L’aria si scalda di motori rombanti e dell’imminente concerto che si terrà sotto la grande struttura che trabocca di motard. Uomini e donne di ogni età, genere e classe sociali si mescolano in un insieme multicolore accomunato dalla stessa passione per quell’aquila d’oro che occhieggia fiera dai loro serbatoi. Un caos allegro che rimbomba in tutta la vallata. E’ il clou della festa. Eppure, ai due il suono delle note della band che si esibisce sul palco, gli strepiti del presentatore che urla a squarciagola non attrae per nessun motivo, rapiti come sono dal momento magico che stanno vivendo. Seduti su un muretto osservano le luci della riva opposta riflettersi sullo specchio d’acqua che scintilla. Nel fluire del discorso,Silvia interrompe Paolo. “Scusa… questa è una goccia…”. “Direi proprio di si…”. “Sta a vedere che piove come avevano previsto…”. “Acc…”. Paolo non è seccato tanto per la pioggia in sé, ma per il motivo che l’evento atmosferico è destinato a segnare la fine del loro incontro. Ognuno andrà verso il proprio alloggio e così la giornata stupenda finirà di colpo. “Ma tu dove vai a dormire?”, chiede lei. “Ero d’accordo con un amico Guzzista che ha la casa verso Lecco, poco fuori nell’entroterra… dovevamo dormire a casa sua ma siamo talmente tanti che abbiamo portato materassini e sacchi a pelo…”. “Qui si mette forte… non so…”, dice lei osservando con occhio un po’ preoccupato le gocce che scendono sempre più copiose nella luce dei lampioni. “Io sono in tenda ma la ho montata in un luogo ben riparato… se vuoi ti ospito… ma avverti i tuoi amici…”. Paolo ha un tuffo al cuore. Quell’invito scatena ogni fantasia che corre libera nel suo cervello. Poi il pensiero corre a tutta la loro situazione, il loro essere, le loro rispettive storie che si sono intrecciate oggi in quel luogo ma che hanno un decorso ben preciso per entrambi. L’idea eccitante di una notte con lei lo sbalordisce, lo stupisce e lo attrae come una calamita con il ferro, eppure il timore di cadere in quella rete affascinante lo frena. Troppo scontato, troppo banale eppure così maledettamente intrigante. Paolo è eccitato come un adolescente, seppur consapevole di un milione di cose che fanno da satellite a tutta questa situazione. “Se vieni con me sbrighiamoci però…”, fa Silvia con tono perentorio. Paolo non ha scelta. L’idea di una notte insieme a lei è così attraente che non resiste al richiamo di una simile sirena. Una sirena a bordo di una Guzzi. “Prendo le mie cose e arrivo”. In un attimo raggiungono il campeggio. La pioggia batte forte tutto attorno, la loro rapidità fa si che i due entrino nella tenda ancora abbastanza asciutti. Iniziano le sistemazioni. La scena ha un che di grottesco, dove Silvia e Paolo cercano di muoversi con cautela nell’esiguità dello spazio ed in una situazione dove non hanno poi tutta questa confidenza. Dopo alcune operazioni maldestre di entrambi, Silvia afferma con tono deciso: “…ma ti rendi conto della scena?”, mentre tenta di sistemare una delle borse che è finita sul materassino assieme al casco. Scoppia una risata fragorosa, che viene interrotta dal suono di un telefono cellulare. Cala il silenzio. “E’ Massimo, stai zitto per favore!”. Paolo resta immobile, limita ogni movimento ed anche il respiro sembra fermarsi. Quello squillo, quel nome sul display riportano i due alla realtà, come se il sogno si fosse interrotto bruscamente per colpa di una sveglia che riporta nel presente. “Ciao Massy, si tutto bene… solo ora è iniziato a piovere. Voi?”, ed in attesa della risposta lei si porta l’indice della mano sinistra sulle labbra ed i suoi occhi si spalancano verso di lui come a chiedere il più assoluto silenzio e la più totale complicità. il giovane si volta di lato come a cercare di lasciare la donna nella sua privacy, ben sapendo che in una igloo questo non sia affatto semplice. Per fortuna la telefonata finisce presto e, una volta terminata la comunicazione, i due si guardano con intensità negli occhi. E’ uno sguardo lungo e profondo, come di sospensione. Dura solo per qualche istante che in quel momento appare eterno. Si sente solo il suono della pioggia e qualche rombo di scarichi aperti che vagano sotto l’acqua. Dopo poco, in quell’aria tesa e forzatamente silenziosa, come una diga aperta all’improvviso, i due scoppiano a ridere sguaiatamnente. “Ridi, ridi…”, dice lei scotendo la testa, “…tanto una telefonata adesso la devi fare anche tu…” termina lei con aria ironica. “No, no.. io ho già chiamato i miei amici…”, replica lui con candore. “Io dicevo quella telefonata, caro…”, sottolinea lei. “Ah si… è vero…”. Pausa di riflessione. “Penso che andrò a lavarmi i denti…”, dice lui cercando nello zaino il necessario per l’operazione. “Vai, bravo… così non ti sento…”, chiude lei con una strizzatine d’occhio. E Paolo esce bardato con la tuta da pioggia verso i bagni del campeggio. Appena rientra, Silvia lo guarda con occhio ironico ed afferma: “…fatto tutto? sono a posto?…” e lascia il discorso sospeso come chi non attende una risposta vera e propria. “Si grazie, tutto ok”, fa lui con aria altrettanto ironica. ”Certo che… chi lo avrebbe mai detto…”. “Nessuno credo…”. “La situazione è davvero particolare, non pensi?” “…assolutamente si…”. “Sono davvero contento di averti ritrovato, Silvia; davvero tanto…” “Anche io… lo sai… lo vedi…” “Posso abbracciarti ancora una volta?”, fa lui con tono supplichevole ma non patetico, di chi desideri davvero quel contatto. “Non vedo l’ora Paolo…”, e così facendo apre le braccia protendendole verso di lui. I loro corpi si avvinghiano in un lungo ed appassionato abbraccio che pare non terminare più. Le mani scorrono lungo le schiene e le braccia reciprocamente e lungamente come se quel momento lo avessero atteso da sempre. Forse dimenticato, forse sopito per mesi e mesi dalla coltre degli eventi che si sono affastellati come in una lunga stratificazione silente. Quell’attimo riportava tutto indietro nel tempo, eliminando lo spazio materiale e mentale tra quei due corpi che si ritrovavano uniti. Entrambi hanno un momento di esitazione, come un dubbio che attanaglia i loro sensi, certi di compiere un atto assolutamente poco ortodosso. Eppure, il desiderio è in quel momento il senso che domina su tutto, l’estasi che fa dimenticare tutto ciò che hanno attorno. E, inevitabilmente, quando gli occhi sono sulla stessa linea, le pupille dilatate dal buio della notte che puntano in fondo a quelle dell’altro, come a cercare il consenso di quel gesto vietato, negativo e disdicevole, eppure così atteso, voluto e desiderato. In quell’istante, i visi si avvicinano come non lo sono mai stati, le labbra si sfiorano appena in un tocco umido e delicato. Una volta, poi ancora ed ancora. “Lo sai vero che non dovremmo…”. “Lo so… ma non resisto Silvia…”. E così dicendo apre appena la bocca per ricercare la lingua di lei che non sa sottrarsi all’intreccio. Quel bacio, quei corpi stretti a cercare la pelle dell’altro fanno di colpo scomparire tutto il resto. I corpi si sciolgono in un lungo ed appassionato abbraccio, le mani frugano sotto i vestiti a cercare ogni parte del corpo. In quel momento tutta la loro vita si mette sullo sfondo, i contorni della normalità si sfumano, tutto il resto cade nell’oblio più profondo. Ci sono solo lui e lei, null’altro. In quel momento sempre di più- “Ma da quanto tempo aspettavo questo, Silvia?”. “…tanto… troppo… era inevitabile…”, dice lei passando le dita tra i capelli di lui con dolcezza. Poi di colpo, si ferma e lo guarda con gli occhi fissi dentro i suoi, lo sguardo è come se si incupisse ed un lampo nero attraversasse la mente della donna: “Lo sai che stiamo per fare un’enorme cazzata? Io non so…”. Silvia sembra esitare. “So tutto!”, replica lui con tono fermo. “Sono ben consapevole di tutto questo, ma tu pensa per un attimo a questa coincidenza, troppe cose hanno concorso a portarci qui dentro, ora, adesso… io e te soli sotto la pioggia… era destino Silvia… non si può evitare…” e così dicendo la bacia ancora sulle labbra appena umide. “E’ vero accidenti… che bello averti qui…”, e così dicendo si abbandona del tutto al suo abbraccio intenso e caldo che fa dimenticare la pioggia, il suono del concerto in lontananza e tutto il resto. “A me non è mai successo nulla di simile…te lo giuro…”. “Nemmeno a me… davvero… però questa volta… non so…”. “E’ diverso?” “Si… perché ci sei tu…”. “Anche per me…”. E con la mente che vaga tra la voglia di proseguire nella reciproca scoperta e la tensione legata al fare una cosa proibita, moralmente scorretta ed assolutamente negativa per chi a casa di ognuno dei due in quel momento sarebbe stato ignaro di tutto, la voglia di andare oltre è talmente tanta da far predominare il desiderio su tutto. Questo porta i loro corpi a fondersi ancora in un abbraccio forte e voglioso e cancella ogni pensiero. L’istinto sta predominando su tutto, la voglia di sentirsi, di sciogliere il loro essere nell’estasi del piacere. Di li a poco i loro corpi sarebbero stati uniti per la prima, tanto desiderata volta. La strada verso il deliquio è ormai in discesa, il punto di non ritorno è ormai superato. “Si però…”, scatta di nuovo su Silvia. “Non possiamo farlo senza nessuna protezione…”. “Hai ragione… esco un attimo? … mi aspetti?”, chiede Paolo sistemandosi i vestiti alla meglio. “Ho aspettato tutti questi anni… posso ancora tollerare un quarto d’ora… vai…”, replica lei con un sorriso ed una leggera spinta che lo incoraggia ad andare. In pochissimo tempo Paolo è di ritorno e da quel momento si possono abbandonare alla passione. I due si amano mentre la notte e la pioggia passano rapidamente sul lago. L’alba li trova abbracciati nudi nel sacco a pelo dopo il vortice del piacere che si è formato in quella tenda. La pioggia sta lentamente correndo verso sud, ed il raduno si risveglia con fatica. “Buongiorno cara…”, dice lui guardandola negli occhi e deponendo un bacio leggero sulla sua guancia appena tiepida. “Ciao…”, fa lei stiracchiadosi un po’. “Come stai?”. “Io benissimo e tu?”. “Molto bene… davvero…” e così dicendo lo abbraccia ancora per sentire la sue pelle ancora contro di sé, percepire il suo profumo ed avere un poco di quel caldo abbraccio. “Ci prepariamo allora? Voi a che ora andate via?”. “Mah.. non so… con calma penso…”. “Si…. anche noi immagino… adesso chiamo…”. I preparativi si svolgono nella più assoluta tranquillità, eppure mentre stanno piegando la tenda, uno squillo pare rompere l’idillio. Paolo prende il telefono cellulare ed osserva il display. In quel momento si allontana con un’espressione scura sul viso. Silvia intuisce e procede nelle operazioni senza dare la minima importanza alla chiamata, eppure si capisce che è in imbarazzo. Anche Paolo al termine della conversazione non dice nulla e, tentando di mascherare il disagio prende un lembo umidiccio della tenda per piegarlo. Passano attimi di silenzio pesante, più del cielo cupo che è sopra di loro, basso e scuro che sembra poterlo toccare. Attimi gravi come il piombo. “Andiamo a fare colazione…”, dice Paolo rompendo il muro di silenzio che è calato tra loro. “Si certo…”, fa lei in risposta, “…sai Paolo mi spiace davvero per…”. “Ti prego Silvia!”, replica lui con una certa durezza, quasi inaspettata, “… non roviniamo questo attimo meraviglioso… davvero…”. E così dicendo sfiora con la mano la sua guancia e lei pone a sua volta la mano su quella di lui, come per sentirla ancora più vicina. “Ok…”, e come soffocando un leggero singhiozzo prosegue nelle operazioni di sistemazione. In poco tempo tutto è sistemato sulle moto, chiuso nelle valigie e legato sulla sella. Sanno che da li a poco le loro strade si divideranno e chissà se per caso si troveranno di nuovo ad incrociarsi come è accaduto quel giorno. Eppure, il silenzio è sempre più profondo, l’atmosfera sembra cambiata. l’imminente distacco che si profila all’orizzonte è davvero pesante. Per entrambi. In questo clima difficile svolgono le operazioni consuete prima della partenza: colazione al bar nel più assoluto silenzio. Gli unici suoni che si pongono tra loro sono il ticchettio del cucchiaino nella tazza ed il leggero sbocconcellare della brioche. “Noi tra poco partiamo…”, dice lei dopo aver letto un messaggio sul telefono cellulare che non suona nemmeno ma lampeggia, quasi come se non dovesse rompere quel momento così complesso. “Ok… ti accompagno… dove vi vedete?”. “Qui dalla rotonda della fabbrica…”. “Quando vuoi andiamo…” “Va bene…”. Ed ancora un volta in silenzio, sotto una pioggerellina fastidiosa e triste, si avviano verso i loro mezzi. Lungo il tragitto, Paolo prende la mano di Silvia e la stringe forte. La ragazza risponde alla stretta. Salgono in moto e si dirigono verso il luogo dell’appuntamento. Anche il suono dei loro mezzi appare oggi più mesto. Forse per l’atmosfera ovattata che da la pioggia che cade su Mandello, forse per le tante moto che stanno rientrando a casa o forse per la festa che finisce per tutti. Le moto si fermano a bordo strada ad attendere le amiche di lei. I due scendono dai mezzi e si pongono uno davanti all’altro. Il silenzio si rompe. “Silvia… vorrei dirti che…”. “Paolo…”, dice lei guardandolo dritto negli occhi e sospirando con forza. “Ehi! Aspetta un attimo… Voglio lasciarti il mio cellulare, la mia email poi se sei su –Facebook- ci scambiamo l’amicizia e….”. “No Paolo… mi spiace… ma ti prego davvero di non cercarmi in nessun modo. E’ stato tutto bellissimo, il più bel raduno Guzzi che abbia mai visto, poi in fondo sono novant’anni no?”, fa lei accennando un leggero sorriso, “…però ti chiedo di dimenticarmi come allora in colonia…”. “Ma io non ti avevo dimenticata… lo sai…”. “Lo so… ma noi dobbiamo dimenticarci… uno dell’altra e viceversa… se un domani capiterà di nuovo ci ritroveremo però… diversamente no… davvero… è stato davvero troppo bello… Dimenticami per favore…”. “Ma.. io… però…”, balbetta lui travolto dalle idee che ingorgano la sua testa in quel momento. “La conosci quella canzone di Tiziano Ferro? Si intitola –Stop! Dimentica-… ascoltala per favore e fai come dice l’autore… davvero… te lo chiedo per favore…”. “Non lo so…”, replica lui che ormai ha esaurito le parole. Arrivano due moto con due ragazze a bordo. Sono le amiche di Silvia. Salutano e i due rispondono al cenno. Quasi come per una sorta di pudore non dicono nulla se non un laconico “andiamo?”. “Ok arrivo… subito…”. Silvia sale in sella e saluta il giovane con una carezza sul viso che incrocia una goccia che scende dagli occhi ma che non è pioggia. “Ciao Paolo… grazie…”. “A te…”, risponde lui con un filo di voce. “Allora –Stop! Dimentica-, addio Paolino…”. “Ci provo… lo farai anche tu?”. “Proverò anche io…”. “Ciao…”. “Ciao…”. Il California si mette in moto con il suo inconfondibile sound. La prima ingranata segna la fine di tutto. Come un sogno che all’alba svanisce, tutte le emozioni vissute in quel momento scompaiono dietro la prima curva. Le due luci rosse della coda della Stone spariscono nella pioggia e con lei Silvia. Lui resta li immobile sotto la pioggia a fissare la prima curva. E’ come imbambolato, spento ed impietrito dalla ridda di emozioni che ha vissuto il quel giorno e mezzo. Lo riporta alla realtà il suono del suo telefono cellulare che lo desta dal trance. E’ il suo amico Luca. Tra poco saranno li anche loro, in Toscana sta diluviando e devono mettersi in marcia subito. Lui non ha nulla da eccepire. In pochi minuti arrivano i suoi due amici del cuore, i quali non fanno alcuna domanda sulla giornata e la nottata appena trascorsa. Dalle brevi telefonate fatte hanno capito che è accaduto qualcosa di davvero particolare al loro amico e non vogliono chiedere nulla. “Ciao Pa, tutto a posto?”, si limita a dire Luca vedendo il viso color terra dell’amico che appare sotto il modulare. “Si, si… grazie…”. “La tua amica è andata?”, chiede con distacco Stefano, l’altro amico. “Si…”, fa lui a mezza voce. “Andiamo anche noi? Che dici?”, chiede Luca gettando la sigaretta accanto al marciapiede. “Andiamo…”, e così dicendo sale sulla Stelvio. Tre secondi di check e la moto romba di nuovo. Tra poco saranno sull’autostrada e lui per l’intero viaggio avrà nella testa il ritornello di quella canzone di Tiziano Ferro, che per altro non aveva mai ascoltato prima con attenzione…