Chiudiamo questa parentesi fotografica personale e parliamo di moto! Sono passati oltre 20 anni ma è come se le avessi qui davanti ai miei occhi! Negli anni‘90 l’evoluzione dei bicilindrici Ducati permise loro di migrare verso nuovi terreni di sfida, lasciando in Italia ampio spazio nella BOTT a Guzzi, BMW, e alle Ducati 2 valvole serie SS, ampiamente modificate grazie alla notevole libertà tecnica concessa dal regolamento.
Il livello di elaborazioni meccaniche e strutturali, comportava un forte impegno in fase di sviluppo così, in breve tempo, la Battaglia dei Bicilindrici si trasformò in campionato agguerrito, con un contenuti prestazionale in forte ascesa.
Il regolamento cambiò nel 1999, ed alla presenza dei motori a due valvole, si affiancarono anche i quattro valvole, trainando di fatto la partecipazione di special con motori giapponesi.
La BOTT cambiò nome e nacque il Campionato Nazionale Supertwins.
Il nuovo millennio era alle porte, e la Supertwins poteva vantare un livello tecnico, in alcuni casi, equiparabile a quello della Superbike, differenziandosi da quest’ultima principalmente per i parametri regolamentari necessari a livellare le caratteristiche dei motori, senza mortificare l’inesauribile sete di prestazioni dei preparatori.
Le regole imposte alle motociclette dovevano seguire un semplice schema, erano suddivise in tre classi a seconda della cilindrata e numero di valvole: motori con testata plurivalvole e alimentazione ad iniezione, cilindrata da 500 cc. a 750 cc, motori con testata plurivalvole e alimentazione a carburatori(diametro massimo 40mm) con cilindrata da 750 cc. a 1200 cc, e testata a due valvole con carburatori (senza restrizioni di diametro), cilindrata da 750cc. a 1200 cc., ammessi anche motori Harley-Davidson di cilindrata oltre i 1200 cc.
Il peso minimo era fissato in 130 kg, indifferentemente dal tipo di motore utilizzato.
La semplicità di parametri da rispettare, e il livello tecnico raggiunto da diversi team, permettevano alla Supertwins di essere palcoscenico di sfide avvincenti tra motociclette eccezionali, sia prototipi costruiti da zero con standard costruttivi elevatissimi, sia modelli stradali preparati con passione artigianale. Una delle protagoniste da ricordare era senz’altro l’NCR Millona, guidata da Bartolini e Martini. Con un "non" peso di 130Kg, raggiunti grazie al sapiente utilizzo di titanio e fibra di carbonio per cerchi e sovrastrutture, ed un propulsore di derivazione Ducati 1000DS, portato dalla factory bolognese a 1080cc, e spremuto fino a dichiarare 114CV. Rappresentava un punto di riferimento prestazionale per tutti i partecipanti.
Nel 2004 un nuovo regolamento ammise anche i propulsori con testate a quattro valvole per motociclette con trasmissione a cardano, fu il momento in cui le preparazioni su base Moto Guzzi arrivarono alla massima espressione prestazionale. Gianfranco Guareschi correva in sella alla Guzzi MGS-01, un bolide rosso fatto di alluminio e carbonio con un design unico e linee rastremate. Sovrastrutture ridotte al minimo, un peso di 190Kg, cilindrata 1225cc, e una potenza di 136 CV. Un bicilindrico capace di vincere nel 2006 e 2007 il campionato italiano Supertwins, oltre alla storica doppietta nella BOTT sul circuito di Daytona in Florida, un successo unico nella storia del motociclismo italiano.
Di derivazione Guzzi era anche la MAS12, un prodigio di ingegneria meccanica ad opera del Mandello Racing Team.
Un prototipo da corsa che si sviluppava attorno al basamento del motore V11 Sport al quale era stata accoppiata una termica artigianale, raffreddamento a liquido e testate a quattro valvole in titanio con distribuzione a cinghia esterna: 120 CV con una cilindrata di 1050 cc.
Mugello, Magione, Varano, Misano, Vallelunga e Rijeka, erano i tracciati del campionato, dove bicilindrici non mancavano di dar vita ad accese battaglie con classifiche in continua evoluzione.
....segue
_________________ Tranne le Inglesi le ho avute tutte...........
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