L'AQUILA
Antonello, aquilano, 23 anni, universitario tutti passati nella sua città, anche quelli che non ha più vissuto, anche quelli che dovrà vivere anche quelli che vivrà da un'altra parte.
Racconta di quanto quella città era viva, racconta mentre siamo ancora all'esterno del centro dell'Aquila, dove le ferite non ci sono.
Racconta con pudore mal celato la frustrazione e l'imbarazzo d'essere parte di una splendida città ora diventata una infinita serie di involucri senza più vita.
Racconta e si interrompe per non gravare noi ignari turisti del suo dramma che è il dramma di migliaia di persone, di 70.000 persone.
L'aquila, non è più una città, ci sono le case contenute e sorrette da infinite catene, tiranti e puntoni.
All'inizio Antonello dice cose che non comprendo, che stridono con ciò che vedo.
Mi dice di spese inutili per sorreggere case inutili...... Non lo contraddico ma stride il suo pensiero con quello che vedo.
La città è deserta ma queste benedette case sono in piedi, vedo un sacco di strutture a protezione, a sostegno di queste case, il mio pensiero è positivo....... sono troppe queste strutture, perchè sono troppe le case danneggiate.
Dopo la seconda via, c'è la terza, infinita, lunghissima e poi la quarta, sfregiata in ogni suo stabile.
Quelle che non hanno bisogno di nulla sono poche, non poche decine, poche, veramente poche, forse 10 in tutta la città.
Il mio pensiero è che se stanno cercando di salvarle, un motivo ci sarà!!!!!!!
Si, esiste: il costo del noleggio dei ponteggi.
Questo è il motivo che fa si che edifici svuotati all'interno, privi della forza che li ha sorretti nei secoli, giacciono da 3 anni senza che nessuno abbia più fatto nulla, giacciono una dopo l'altra, una infinita teoria di abitazioni, scuole, uffici, manufatti di vario genere collegati tra loro da ferro e legno che sta già marcendo.
Abbiamo camminato due ore in questo grande e vuoto paesaggio, in questa non città, in questa finta speranza.
Non si può capire il non senso della morte che la attanaglia.
Il vociare infinito dei ricordi porta Antonello a descrivere delle scene che sembrano rimaterializzarsi, la vita di una volta, l'orgoglio di sentirsi aquilani e il rendirsi conto che ora si passeggia in mezzo ai ruderi, in mezzo alla non vita mascherata da tirante.
Sono entrato speranzoso di cogliere qualche segno di vita e ne sono uscito sperando che un altro terremoto ne ponga fine all'agonia.
E' come mettere un vaso a protezione di una pianta morta, cmq la pianta prima o poi cadrà..........

Grazie Antonello di averci aperto gli occhi.
Fabio