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Autore: | bradipo [ sab 14 ago 2010, 0:35 ] |
Oggetto del messaggio: | Info utili che possiamo dare a chi visita le nostre citta' |
Ecco mi pare un'idea carina,di mettere a disposizione di chi vuole visitare la nostra citta',dove viviamo,tutte quelle informazioni utili sia dal punto di vista prettamente turistico sia dal punto di vista logistico. Credo che sia una cosa molto bella e utile. Comincio io.....con la mia Trieste. Ecco il mio vademacum del pellegrino. Benvenuti a Trieste! Citta' variopinta e dintorni stupendi. Una perla incastonata nel pieno centro d'Europa. Da sempre crocevia naturale, storico e culturale tra Oriente ed Occidente. (Da:fonte Wikipedia) Dalla Preistoria al Medioevo La città di Trieste e il proprio retroterra carsico divennero sede stabile dell'uomo già in età neolitica. Il primo popolo di cui si hanno notizie certe è quello degli Istri, di probabile origine illirica, che con la costruzione dei castellieri sviluppò, a cavallo fra il II e il I millennioa.C. un tipo di civiltà relativamente avanzata che successivamente venne influenzata dai Paleoveneti (a partire dall'VIII secolo a.C. circa) e dai Carni, popolazione celtica quest'ultima, insediatisi attorno alla seconda metà del V secolo a.C. in gran parte dell'attuale Friuli. La cultura dei castellieri si sviluppò in Istria nell'età del bronzo medio per espandersi successivamente in Friuli e zone limitrofe. Durò oltre un millennio (dal XV al III secolo a.C. circa) ed ebbe termine solo con la conquista romana. Prende il nome dai borghi fortificati che sorsero un po' ovunque nella sua zona di diffusione e definiti per l'appunto castellieri. A dare vita alla cultura dei castellieri fu un gruppo etnico di incerta origine ma probabilmente pre-indoeuropeo e sicuramente proveniente dal mare. I primi castellieri furono infatti costruiti lungo le coste istriane e presentano un curioso fenomeno di megalitismo riscontrabile in quello stesso periodo nel mondo miceneo. E fu proprio uno di questi castellieri, con ogni probabilità - forse quello che dominava il territorio dall'attuale colle di San Giusto, oggi sede della cattedrale a dare origine al borgo. Il suo stesso nome, derivato dal latino Tergeste, confermerebbe quella che per secoli è stata la sua grande vocazione: "terg" è infatti una radice paleoveneta che significa mercato, mentre "este" altro non è che la città. Non mancano poi le leggende: da queste parti raccontano i testi antichi - approdarono Giasone e gli Argonauti in cerca del mitico Vello d'oro e qui, da Troia in guerra, sbarcarono Antenore e Diomede. Nel II secolo a.C. divenne municipio romano con il nome di Tergeste, ![]() sviluppandosi e acquisendo una netta fisionomia urbana in epoca augustea. Dopo l'anarchia che paralizzò l'intera regione alla caduta dell'impero d'Occidente, la città, fortemente ridimensionata sia sotto il profilo economico che demografico, divenne, con Giustiniano I, colonia militare bizantina. Tale situazione si protrasse fino al 788, quando passò sotto il controllo dei Franchi, dai cui sovrani i vescovi ebbero l'autorità temporale che esercitarono fino all'affermarsi del libero comune nel corso del XIII secolo. ![]() Da libero comune a grande porto internazionale. Nel XIII secolo Trieste divenne un comune libero, ma le continue guerre e rivalità con Venezia, che ambiva ad assumere una posizione egemonica nell'Adriatico, la spinse a porsi sotto la protezione del Duca d'Austria (1382) conservando però una certa autonomia fino al XVII secolo. Un legame fatto di odio e amore, rispetto e sottomissione. E proprio gli austriaci, cui molti triestini sono ancora uniti da sentimenti contraddittori, fecero costruire fra il 1470 e il 1630 - il Castello di San Giusto sul colle, divenuto oggi uno dei simboli della città. ![]() Nel 1719 Carlo VI d'Austria dichiarò Trieste porto franco ed il governo dell'Impero Austriaco vi investì enormi capitali. Dopo la morte dell'imperatore (nel 1740) salì al trono la giovane Maria Teresa d'Asburgo che grazie ad una attenta politica economica permise alla città di diventare uno dei principali porti europei. Trieste venne occupata per tre volte dalle truppe di Napoleone, nel 1797, nel 1805 e nel 1809, quando fu annessa alle Province Il liriche; in questi brevi periodi la città perse definitivamente l'antica autonomia con la conseguente sospensione di status di porto franco. Ritornata agli Asburgo nel 1813 la città crebbe, anche grazie all'apertura della ferrovia con Vienna nel 1857,, e, negli anni sessanta dell'Ottocento fu elevata al rango di capoluogo di Land nella regione del Litorale Adriatico (il Küstenland). Successivamente la città divennne, negli ultimi decenni dell'Ottocento, la terza realtà urbana dell'Impero Austro-Ungarico. Per volontà della casa d'Austria, grande potenza multinazionale, Trieste si trasformò in fretta da piccolo borgo marinaro a grande porto europeo e, salvo alcune brevi parentesi di dominio veneziano, spagnolo e infine napoleonico, rimase assoggettata agli Asburgo fino al 1918. Arrivarono commercianti, imprenditori e avventurieri da tutto il mondo, vasti tratti di mare furono interrati e la città, radicalmente ristrutturata nel Settecento dall'energica imperatrice Maria Teresa, si espanse fino a contare, alla metà dell'Ottocento, oltre 150.000 abitanti. Vi si stabilirono grandi compagnie di assicurazione e navigazione. Cantieri e fabbriche aprirono i battenti. Trieste, divenuta il porto della grande Austria, faceva le bollicine, traboccava di iniziative economiche e culturali. Migliaia di persone, provenienti dalla Grecia, dalla Turchia e da altri paesi più o meno distanti, diedero vita a una comunità multietnica come poche altre in Europa, offrendo ospitalità a tutti i principali culti religiosi e alle rispettive chiese, ancora oggi esistenti. E poi l'arte: qui vissero letterati come Italo Svevo, Scipio Slataper, Rainer Maria Rilke, James Joyce. Un'atmosfera carica di fascino, carisma e mistero, che ancora oggi si respira passeggiano per le vie di Trieste o frequentando locali storici come gli antichi caffè o la libreria che fu del poeta e intellettuale Umberto Saba. ![]() Ma sensibili ai movimenti irredentisti che percorrevano l'Europa, molti triestini aderirono alle imprese garibaldine e alle guerre risorgimentali. Con la caduta dell'Impero Austro-Ungarico, la città di Trieste fu annessata all'Italia nel 1920; le sorprese, tuttavia, non erano finite. Il secondo conflitto portò infatti con se nuove tragedie. Prima della fine della guerra, le truppe jugoslave del maresciallo Josip Tito arrivarono e liberarono la città; tuttavia, almeno 3000 italiani contrari al regime comunista furono sotterrati vivi in profonde cavità carsiche chiamate foibe nei tristi 40 giorni di occupazione. Solo l'intervento delle truppe alleate spezzò l'incubo e la città, in un misto di euforia e disorientamento, rimase sotto il controllo del governo militare statunitense fino al 1954. In quell'anno Trieste tornò finalmente e definitivamente alla madre patria, divenendo il capoluogo della più piccola provincia italiana e della regione Friuli-Venezia Giulia. ![]() La partenza degli americani, però, segnò un altro periodo difficile. Molti posti di lavoro andarono perduti e si avviò una progressiva deindustrializzazione del territorio. La crisi del porto e lo spirito indubbiamente poco imprenditoriale dei triestini fecero il resto, trasformando l'economia cittadina in un fenomeno del tutto anomalo. Riprendersi e ritrovare lo smalto di un tempo richiederà non poca fatica. E ancora oggi la percentuale di disoccupati, nella Venezia Giulia, è una delle più alte del nord Italia. Solo negli ultimi vent'anni Trieste è stata capace di ritagliarsi nuovi spazi, divenendo la capitale della scienza e della ricerca in Italia, settore che attualmente dà lavoro a migliaia di giovani. Tra le varie istituzioni scientifiche che la città ospita, ci sono l'Area di Ricerca, uno dei più grandi parchi tecnologici d'Europa, il Sincrotrone Elettra, il Centro internazionale di fisica teorica, il Laboratorio di biologia marina, il Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologia e molti altri, oltre a un'università all'avanguardia costruita negli anni Venti. ![]() Luoghi da vedere: Strada del vino Terrano Il Terrano è un vino rosso secco e corposo, ottenuto dai vitigni del Refosco. Caratteristica della zona di produzione del Terrano è la "terra rossa" che, unita al clima mite ed al sole, dà al vino un gusto ed un' aroma inconfondibili. Tipico vino da selvaggina,dal profumo intenso colora labbra e bicchiere coi suoi pigmenti bruni. I medici poi, lo raccomandano per la sua acidità, che agisce sull'apparato digerente aiutandone il corretto funzionamento. Il Terrano è inoltre particolarmente indicato per le persone anemiche e va comunque ricordato che le sue proprietà mediche erano note già in epoca romana. Negli scritti di Plinio troviamo infatti descritte le qualità di un ottimo vino prodotto in queste zone. Proprio al fine di valorizzare questo tipico vino locale è stata inaugurata nel 1986 la "Strada del vino Terrano",che si articola tra Italia e Slovenia,da Trieste a Nova Goriza, voluta e patrocinata dalla Provincia di Trieste. La "Strada del vino Terrano" si sviluppa da Opčine-Opicina fino a Vižovlje-Visogliano e comprende 18 trattorie, nelle quali la cucina tipica locale viene accompagnata al Terrano. Consigliamo comunque di accompagnare il vino Terrano agli affettati, alla selvaggina ed ai piatti di carne in genere. Le trattorie aderenti all'iniziativa sono individuabili tramite un'apposita segnaletica ed espongono davanti al locale una tabella indicante l'adesione alla "Strada del vino Terrano". Le foci del Timavo le acque cristalline del fiume, che dopo chilometri nel sottosuolo carsico sbocca nei pressi di S. Giovanni di Duino , ai piedi di un’antica chiesetta gotica risalente al XV° secolo. La località già citata dagli antichi ospita anche un eccezionale complesso culturale dedicato al dio Mitra, e non fa che suggellare l’impronta storico-mitica di quest’area carsica. Il Villaggio del pescatore nelle cui vicinanze si trova un importante sito paleontologico, dove è stato rinvenuto lo scheletro completo di un dinosauro, il più grande mai trovato in territorio italiano. Antonio, questo il suo nome sebbene fosse una femmina, era lungo 4 metri e pesante 7 quintali. Lo scheletro di Antonio, ricomposto, è stato esposto per la prima volta nel dicembre 2000 ed ha subito attirato migliaia di entusiasti visitatori La Passeggiata Rilke il sentiero a picco sul mare, con panorami mozzafiato, dove trovava ispirazione il poeta praghese di origine tedesca Rainer Maria Rilke durante la sua permanenza al vicino castello di Duino . Il maniero trecentesco è attraversato da un’atmosfera fiabesca ed evoca storie e leggende inquietanti. Qui l’artista compose la sua più nota raccolta di versi: “Elegie Duinesi”. La grotta VILENICA la più antica in Europa, dove nelle notti estive si svolge un famoso festival letterario di carattere internazionale. Sarete avvolti in una cornice irreale, magica perché la grotta è abitata da fate, le vile, che a suo tempo diedero il nome alla grotta. http://vilenica.com/_wsn/page2.html La baia di Sistiana ![]() una suggestiva insenatura naturale, incastonata tra l’azzurro del mare Adriatico e la bianca pietra del Carso. La marina ospita decine di imbarcazioni e le vicine spiagge sono un paradiso per i bagnanti. La Grotta Gigante ![]() dal 1995 inserita nel Guinness dei Primati come la caverna turistica più grande del mondo! Da più parti si fa notare che data la sua vastità, la grande sala (alta più di 100 metri, lunga 280 e larga 65) potrebbe contenere comodamente la Basilica di San Pietro! Scoperta nel lontano 1840 è oggi teatro di manifestazioni culturali, concerti e ricerche scientifiche. All’interno anche il museo speleologico,assolutamente da vedere! Il giardino botanico "Carsiana" interessanti ambienti floreali per scoprire le particolarità del Carso. Il parco ospita quasi tutti gli esempi della flora carsica, presentati nel loro ambiente d’elezione. La dolina è in ogni stagione dell’anno meta di migliaia di visitatori, specie in primavera quando si colora di fiori e l’ambiente si riempie di deliziosi profumi. La strada pedonale panoramica "Napoleonica" ![]() si dice sia stata costruita dagli eserciti di Napoleone. Dalle sue pendici si può ammirare lo splendido panorama della città di Trieste, del golfo, della costa istriana e della laguna di Grado. Rappresenta la “passeggiata” preferita dai triestini, ma è anche un percorso di allenamento podistico praticabile nell’arco di tutto l’anno. Si snoda sul costone carsico, a picco sul mare e collega gli abitati di Opicina e Prosecco .E pure zona di allenamento assieme alla Val Rosandre che chi vuole praticare arrampicate sulla roccia,grazie a pareti verticali di ogni grado di difficolta’. Anche l’esercito italiano qui ha sede di scuola di roccia. La Val Rosandra ![]() imponente opera naturale sul fondo della quale, dopo una stupenda cascata di circa 30 metri, scorre il torrente Rosandra, uno dei rari esempi di idrografia carsica di superficie. Dal 1984 è dichiarata Parco naturale. Conserva i resti dell’acquedotto romano, che in passato riforniva d’acqua la popolazione della Tergeste romana, nonché significative tracce delle decine di mulini che una volta costeggiavano il torrente.Non e’ raro imbattersi in piccoli fossili di nummuliti e rudiste,fossili di molluschi che testimoniano come milioni di anni fa questa valle non fosse altro un fondale marino preistorico. Le saline di Siciole in Slovenia. per dimensione le seconde più grandi dell’Adriatico, si sviluppano su un’area di 650 ettari. Spettacolari. Sono composte da centinaia di vasche comunicanti, divise da argini di terra. In un’antica casa di pietra c’è un piccolo, suggestivo museo che racconta l’economia del sale, iniziata nel IX° secolo e proseguita per più di mille anni. Le grotte di Postojna in Slovenia. formazioni calcaree spettacolari, fiumi e laghi sotterranei, sale enormi, visitabili a bordo di un trenino. Ed in più, ad aspettarvi, il pesciolino umano (Proteus anguinus), uno degli esseri più misteriosi al mondo. Dal 1891 è stata visitata da milioni di turisti entusiasti. Il castello e il parco di Miramare ![]() nelle acque di fronte al Castello ed al suo parco, un’area protetta che rappresenta la prima riserva marina d’Italia. Per il suo ambiente caratteristico è stato incluso dall’O.N.U. fra le riserve della Biosfera da salvaguardare. All’interno del Parco il WWF Trieste ha allestito un acquario con telecamere collegate al parco marino. Il sentiero dei pescatori ad Aurisina Situato vicino alle antiche cave romane,ripido itinerario che dal paese di Aurisina scende fino al mare, per secoli percorso dai pescatori. Durante la discesa si incrocia la famosa Ferrovia Meridionale che per la sua inaugurazione portò a Trieste niente di meno che l’imperatore Francesco Giuseppe in persona. Da allora, grazie alla ferrovia, dalla cava nei pressi di Aurisina il suo marmo bianco servì ad abbellire i palazzi di tutta l’Austria-Ungheria. Per dormire: http://www.turismofvg.it/ http://www.turismofvg.it/it-IT/alloggi.html La cucina tipica: La cucina triestina porta con sé influenze austriache, ungheresi, ebraiche, slave e orientali, soprattutto per il largo uso di spezie e aromi. Tra i piatti tipici ricordiamo: la Jota, una minestra con fagioli,patate e crauti acidi; gli Gnocchi di susini, un primo agrodolce in cui si incontrano patate e prugne garnite con burro fuso e tanta cannella; gli Gnocchi di pane, preparati con pane, uova e prosciutto e salumi vari;detti anche knederli. la Porzina con capuzi, che non è altro che carne di maiale lessata e servita con crauti, senape e kren (ossia la radice del rafano); il goulash, sugo di carni miste molto densa e speziata di origine ungherese, da servire con gli gnocchi di patate. Tra i dolci tipici di Trieste abbiamo: lo strudel di mele, derivato dalla cultura austriaca, che viene preparato con mele e pinoli; la putizza, un dolce di pasta sfoglia ripiena di frutta secca; i Kipfel di patate, cioè dei piccoli dolci di patata che vengono fritti in olio bollente e guarniti con zucchero a velo; le favette, a base di mandole bianche pelate, farina di riso, miele e maraschino. La Ghibanizza dolce multistrato di origine slava.Molto calorico a base di pasta frolla,miele,ricotta,mele,uvetta,marmellata,cannella, pasta sfoglia e semi di papavero. Per quanto riguarda i vini triestini abbiamo gli ottimi Doc del Carso, tra cui citiamo Carso Terrano, il Carso Cabernet Sauvignon, il Carso Malvasia e il Carso Vitovska. Il pesce fornisce alla cucina triestina e della laguna attorno a Grado piatti eccellenti, cotture ricche di aromi che rendono molto raffinati tutti i pesci, ma anche il riso, frequentemente preparato in delicati risotti marinari. Fra i piatti di pesce tipici e di antica tradizione ricordiamo il «branzino guarnito in sfoglia dorata». Un piatto che prevede i seguenti ingredienti: un branzino di cinque chili circa, un etto di gamberetti, un chilo di vongole, un chilo di cozze, due etti di cappe lunghe, un etto e mezzo di burro, mezzo chilo di pasta sfoglia. La preparazione è laboriosa e richiede le seguenti fasi: si lavano i filetti del branzino e si rosolano nel burro. Si padellano vongole, cozze e cappe lunghe e si levano dal guscio. Si puliscono i gamberetti e si cuociono per qualche minuto nel burro assieme alle vongole, alle cozze e alle cappe lunghe. Si frulla il tutto e si mette il composto in mezzo ai filetti del branzino. Si avvolge il branzino nella pasta sfoglia e si cuoce nel forno per circa un quarto d'ora. Si porta in tavola molto caldo. Altro piatto interessante sono le «canocie in busara» (cannocchie in umido). Per busara si intende quell'intingolo, fatto con pane grattato, pepe, sale, vino bianco e pomodori pelati, nel quale vengono cotti gli scampi e le cannocchie o cicale di mare. La "busara" era una pentola di coccio o di ferro che i marinai usavano per cucinare il pasto di bordo. Il termine, eminentemente marinaresco, è entrato a far parte del lessico culinario triestino, attraverso il tragitto che il pesce compiva partendo dalla Dalmazia e dall'Istria, per giungere nel porto di Trieste. Gli ingredienti sono cannocchie tagliate ai lati nel senso della lunghezza, aglio, prezzemolo e pangrattato, vino bianco, sale e pepe. Si alternano a scacchiera o strati le cannocchie, si cospargono del composto ricavato dall'aglio, prezzemolo e pangrattato, si bagnano poi con un bicchiere di vino bianco, pepe e sale. Si pongono in tegame, si tappa e si cucinano per dieci minuti. Il sugo dell'intingolo è saporitissimo! Le acciughe vengono preparate in vari modi (crude marinate nel limone sono davvero ottime) e va ricordata una specialità tipicamente triestina di origine austro-ungarica: il «liptauer». Si tratta di una crema di formaggio da spalmare sul pane, possibilmente di segala, preparata nelle salumerie: ricotta e burro vengono mescolati con acciuga e cipolla tritata, capperi, senape, paprica, prezzemolo, kummel ed erba cipollina. Il sapore dei trascorsi asburgici si ritrova anche nel «gnocco gigante» che è un diretto derivato dei Knödeln o canederli ancora oggi tipici della tavola trentina e altoatesina, ma è molto più grande. Si tratta di un impasto di pane raffermo tagliato a pezzetti, soffritto nel burro e legato con uova, sale, farina e prosciutto. Chiuso in una salvietta cuoce al vapore, appeso sopra una pentola in ebollizione. Viene servito coperto di burro rosolato e cosparso di abbondante formaggio grattugiato. Uno degli elementi caratterizzanti della gastronomia triestina è costituito dai dolci: la tradizione viennese della torta Sacher (ormai famosa in tutto il mondo) e della crema carsolina,(pasta mellefoglie farcita a strati con crema pasticcera), è sempre viva nelle pasticcerie e nei caffè dove la civile usanza di una sosta e di uno scambio di idee scandisce la vita serena e distesa dei triestini: caffè che hanno antiche tradizioni letterarie che vedono scrittori come (tanto per fare un esempio) Italo Svevo e James Joyce. Come in tutti i paesi nordici, il dolce costituisce spesso la conclusione dei pasti, anche di quelli molto semplici: per cui accanto ai dolci raffinati generalmente di origine austriaca, molti sono quelli (come lo «strudel» e i «krapfen») che sono realizzati con ingredienti molto semplici, ma non per questo sono meno gustosi e capaci di conferire alla tavola una certa allegria. Ricette per gustare Trieste: Antipasti e “rebechini” Nelle famiglie triestine accade di rado che un pranzo sia preceduto da un antipasto, a meno che non si tratti di un 'occasione particolarmente importante: un matri- monio, un cenane di Capodanno, un pranzo natalizio o pasquale. Eppure la cucina tipica triestina non solo conosce gli antipasti, ma vi dedica anche una notevole attenzione. Non è un controsenso, bensì il risultato dello sviscerato amore dei triestini per gli spuntini, per i piccoli boc- concini fuori pasto accompagnati da un calice di vino; per i rebechini insomma, come vengono chiamati in dialetto questi piccoli svaghi gastronomici. Verso le dieci del mattino, sono molti i locali cittadini che ribollono di clienti impegnati a celebrare il rito gioioso del rebechin, abbondantemente condito dalle ciacole e dalle tacade d'obbligo. Per i triestini è un rito antico, grazie al quale la nostra gastronomia può annoverare qualche autentico gioiello e qualche gloria come il savor e il bacala' in bianco o con prezemolo, la cui paternità è ormai indebitamente rivendicata da troppi. Un 'usanza simile s'incontra anche nel Veneto, ma mentre a Trieste l'interesse è rivolto principalmente allo spuntino, nel Veneto l'attenzione si accentra di più sui liquidi che lo accompagnano, e infatti non si dice a-andar a far un rebechin» come a Trieste, bensì «-andar a ombre». La Jota ![]() Quando a Trieste iniziano i primi freddi, le giornate si accorciano e la Bora si fa sempre più forte, dalle finestre e dalle corti delle case si espandono quegli odori che immediatamente una persona associa all’Austria e alle montagne. Cumino, cannella, crauti, fagioli, bollito di maiale riportano la mente a certi mercatini altoatesini, e difficilmente ci si ricorda di essere nell’appendice più estrema del mar mediterraneo. Questa è la ricetta della classica minestra invernale locale. Varia da famiglia a famiglia... Ingredienti per la Jota (dosi per 4-5 persone): 500 g di crauti acidi 200 g di fagioli 4 patate 2 foglie alloro cumino 1 spicchio aglio olio, farina e sale q.b. insaporirla con 1 salsiccia, 1 costina affumicata e un codino di prosciutto crudo o salsicce. Dopo aver lasciato a bagno per una notte i fagioli, cucinateli con del brodo vegetale e l’alloro per un’ora abbondante.Intanto soffrigete l’aglio nell’olio e una volta dorato levatelo e aggiungete i crauti e un po’ di cumino e copriteli a raso con dell’acqua,quindi fate consumare a fuoco basso. Quando i fagioli sono quasi pronti, sbucciate le patate e tagliatele a piccoli pezzi per poi aggiungerle ai fagioli e fatele cuocere finchè non si addensa. Quando i crauti sono pronti aggiungeteli ai fagioli e alle patate. In una padella stemperate l’olio con la farina facendo attenzione che non si formino grumi, per poi aggiungerlo nella minestra. Inoltrate la cottura regolando in sale. Consiglio: questa minestra acquista fascino se, al momento della cottura dei crauti, si aggiungono la salsiccia e la costa affumicata. Se volete gustarla appieno, lasciatela riposare per un giorno. Spaghetti allo scoglio Ingredienti per 4 “buone forchette” · 500g di spaghetti · 500g di cozze · 500g di vongole veraci · 300g di calamari · 12 scampi · 300g di pomodorini ciliegia maturi · un piccolo scalogno · vino bianco, possibilmente lo stesso che accompagnerete al piatto · aglio · olio extravergine di oliva · peperoncino · prezzemolo · sale Almeno 4 ore prima di iniziare a preparare il piatto occorre far spurgare cozze e vongole. A questo scopo riponiamole in una bacinella d’acqua, aggiungiamo un pugno di sale grosso e una spruzzata di aceto o succo di limone: essendo urticanti, fanno spurgare meglio i frutti di mare. Cambiamo l’acqua almeno tre volte a distanza di tempo, avendo cura di rimuovere accuratamente il residuo di sabbia che si depositera’ sul fondo. Poniamo uno spicchio d’aglio schiacciato in un una padella, su fiamma viva, con un po’ d’olio, poniamoci le cozze con i gusci ben puliti e bagnamo con il vino. Dopo alcuni minuti le conchiglie saranno aperte. Rimuoviamole dalla padella, filtriamo e mettiamo da parte il liquido di cottura. Ripetiamo l’operazione con le vongole. In una padella con un filo d’olio aggiungiamo dell’aglio schiacciato, poniamovi gli scampi dalla parte del dorso, dopo avervi praticato una profonda incisione che vada dalla parte inferiore della testa fino alla fine della coda e bagnamo con del vino bianco. Una volta cotti gli scampi, rimuoviamoli dalla padella e riponiamoli al caldo. Nella stessa padella aggiungiamo lo scalogno tagliato finemente e, quando sara’ leggermente imbiondito (piu’ giallo sara’, piu’ ne percepiremo il sapore), aggiungiamo i calamaretti e l’acqua di cottura dei frutti di mare. Facciamo cucinare a fiamma viva per pochi minuti e aggiungiamo i pomodorini tagliati a meta’. Abbassiamo la fiamma e facciamoli cucinare. Scoliamo la pasta molto al dente e spadelliamola nel sugo, al quale aggiungeremo i frutti di mare precedentemente sgusciati, un po’ di acqua di cottura della pasta e il peperoncino. Personalmente, a differenza di molti, poiche’ dispongo di ottimo peperoncino, che arriva dritto dritto dal cuore della Calabria, e che viene conservato fresco sott’olio, preferisco metterlo alla fine, per conservarne intatto il sapore. Impiattiamo, spolveriamo con una generosa manciata di prezzemolo tritato, disponiamovi a guarnizione gli scampi e qualche guscio di vongola. Prosciutto in crosta Ingredienti: 1 prosciutto cotto, 1 kg farina, 50 gr. lievito di birra, 1 pizzico di sale, pepe nero, alcune foglie di alloro. Preparazione: Mettere la farina in una terrina, aggiungendo un po' alla volta il lievito sciolto in un po' d'acqua tiepida, aggiungere un pizzico di sale. Impastare gli ingredienti fino a che diventano morbidi, coprire poi l'impasto con un tovagliolo e lasciar lievitare al caldo; impastare nuovamente e mettere ancora una volta a lievitare. Stendere poi la pasta su una spianatoia e con un mattarello ottenere un foglio di circa 2-3 cm che possa avvolgere il prosciuttino. Spargere sulla pasta un po' di grani di pepe nero ed adagiarvi le foglie di alloro. Appoggiare al centro il prosciuttino ed avvolgerlo completamente. Far aderire bene i lembi, in modo da unirli bagnando con l'acqua le estremità, per non far aprire la pasta durante la cottura. Infornare a 180 gradi e a questa temperatura far cuocere per circa 15 minuti, dopodichè ridurre il calore e far cucinare per circa un'ora. Togliere dal forno, tagliare il prosciutto a fette grosse da servire ben calde accompagnate da rafano e senape forte. Polpette fritte Sono le più diffuse negli esercizi pubblici. Per quattro persone dovrebbe bastarvi: — mezzo chilo di palpa di manzo macinata — due o tre panini inzuppati nel latte e strizzati —quattro spicchi d'aglio tritatissimi — una manciata di prezzemolo tritato — un pizzico di noce moscata — un uovo — sale e pepe Amalgamate con cura tutti gli ingredienti e con le mani unte d'olio formate delle polpette grandi quanto un mandarino. Potete farle rotonde oppure schiacciarle, come preferite. Rosolatele nell'olio abbastanza caldo, facendole colorire molto bene da tutte le parti. Ve chi in precedenza le in- farina leggermente. Se doveste notare che le polpette tendono a sfaldarsi sarà necessario aggiungere all'impasto ancora un po' d'uovo, ma attenzione! Se esagerate con l'uovo otterrete polpette dure come piere. Varianti Co'la zivola. L'aglio va sostituito con mezza cipolla tri- tata molto finemente. Co'l pangratà. I panini imbevuti nel latte possono essere sostituiti da due manciate di pangrattato. In tal caso sarà bene aggiungere all'impasto un sorso di latte, per evitare che le polpette risultino troppo dure. Apanade. Rendete morbido l'impasto aggiungendovi del latte e, una volta formate le polpette, avvoltolatele nel pangrattato prima di immergerle nell'olio. Co'l persuto. Sostituite parte della carne con altrettanto prosciutto cotto tritato. Co'l formaio. Aggiungete all'impasto una manciatina di parmigiano grattugiato, non troppo però: anche il formag- gio tende a rassodare le polpette, se usato in quantità esa- gerata. POLPETE IN SUGO (Polpette al sugo) Preparate le polpette come indicato nella ricetta preceden- te e secondo una qualsiasi delle varianti. A parte preparate una salsa di pomodoro semplice. Quando sarà pronta collocatevi le polpette ancora crude facendo- vele cuocere per circa venti minuti oppure, se preferite, potete prima friggere le polpette e poi passarle nel sugo lasciando vele sobbollire per cinque minuti o anche meno. Sardoni in savor Ingredienti 1 kg. di sardoni (alici,pesce azzurro) 1 kg cipolla a julienne fine 1 bicchiere di aceto bianco non toppo forte Alloro, sale olio extra vergine di oliva sale e pepe Olio per friggere Questo piatto è il top nel finale di primavera, quando i sardoni abbondano nelle pescherie di Trieste e di altre città rivierasche. I sardoni sono le alici italiane. Compratele fresche, turgide, lucide, mi raccomando. Più son vecchi più diventano mollicci. Questo piatto secondo me è una delle cose più meravigliosamente ignoranti che la cucina delle mie zone può offrire in assoluto, la maggior parte della gente lo teme, perchè c'è cipolla gnà gnà gnà gnà. Mangiate cipolla, mangiate aglio, la cucina deve soddisfare il palato, la panza e la mente. Per cui, passando alla pietanza. Pulire ,infarinare e friggere i sardoni in olio bollente In un tegame largo e basso versare l'olio, la cipolla, il sale ed il pepe. Lo coprirete con un coperchio e farete rosolare il tutto per cinque minuti circa (finchè la cipolla avrà rilasciato il suo liquido) a fuoco basso. Quando noterete che la cipolla sarà divenuta trasparente e di color rosato, unitevi un bicchiere di aceto bianco e mezzo bicchiere di acqua fredda. Il liquido dev'essere almeno un centimetro sopra il livello della cipolla. Unite a questo punto le foglie di alloro e alzate la fiamma al massimo finchè il savor comincerà a bollire. Continuate la cottura a fuoco medio si sia consumato della metà. Stendete sul fondo di una pirofila uno strato di savor, poi uno strato di sardoni friti, poi altro strato di savor e avanti così. L'ultimo strato in superficie dev'essere di savor, per cui fate bene i calcoli. Tutto il liquido del tegame va versato nella pirofila!!! Conservare in frigo due giorni al massimo. Due simboli di Trieste Trieste oltre per il caffe’ e’ conosciuta per due sue caratteristiche particolarita’: La BORA e il tram di Opicina. Il tram di Opcina è oggi l'unico tram in tutta Europa con impianto a trazione elettrica integrato con una funicolare ancora funzionante e supera un dislivello di 343 metri con una pendenza che raggiunge fino l'8%. Entrò in funzione il 9 settembre del 1902 per merito della Società Anonima delle Piccole Ferrovie, sulla tratta Piazza Scorcola - Vetta Scorcola, per poi prolungare la tratta anni dopo fino alla stazione di Villa Opicina. Il primo tram era a trazione elettrica con locomotori a cremagliera che venne sostituito il 26.04.1928 dall'impianto funicolare ossia dei carri scudo agganciati alle funi d'acciaio che spingono in salita e frenano in discesa. Esternamente il tram non era dotato della copertura per le due testate come oggi visibile, cosicché il manovratore era esposto a tutte le intemperie. Nelle giornate di maltempo era munito di un ampio mantello impermeabile che serviva a coprire i comandi oltre a se stesso. Nel 1908 vennero aggiunte le vetrate in seguito ad un lieve allungamento della vettura stessa Nel corso dei suoi cento anni, il tram ha subito notevoli modifiche strutturali ed all'impianto funicolare, per migliorarne la potenzialità e per adeguarlo alle norme di sicurezza. La gestione del servizio del Tram de Opcina è passato negli anni dalla Società Anonima delle Piccole Ferrovie al Comune, alla municipalizzata ACEGAT (Azienda per i servizi di acqua, elettricità, gas e tramvie oggi AC.E.GA.S. Spa), all'A.C.T. (Azienda Consorziale Trasporti) ed infine oggi alla Trieste Trasporti Spa. ad un mese dalla sua inaugurazione, il 10 ottobre 1902 circa alle 7 del mattino, il tram ebbe un guasto all'impianto frenante e dopo una pazza corsa di circa 200 metri lungo la ripida discesa di Scorcola (7% di pendenza), deragliò abbattendo due pali elettrici che finirono su una casa distruggendola quasi completamente.(vignindo zo per Scorcola una casa el ga ribaltà) Per fortuna c'erano solo quattro passeggeri a bordo, tre dei quali saltarono dalla vettura in corsa mentre il quarto,il frenatore, (el povero frenador) rimase intrappolato tra le lamiere e per fortuna se la cavò solo con una gamba rotta. Da questa vicenda, per fortuna non tragica, nacque una delle canzoni popolari più famosa di Trieste sicuramente un simbolo per i triestini, ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() Il testo della canzone: EL TRAM DE OPCINA (LA BORA) E anche el tram de Opcina xe nato disgraziàvignindo zò per Scorcola una casa'l ga ribaltàBona de Dio che jera giorno de lavorche dentro no ghe jera che'l povero frenador E come la bora che vien e che vai disi che'l mondo se ga ribaltà E come la bora che vien e che vai disi che'l mondo se ga ribaltà Co'l due se va a Servola, co'l quatro in Arsenalcol sie se va a Barcola, col zinque in Ospedalcon l'uno in zimitero, co'l sete a la staziònco'l nove in manicomio, co'l diese in canòn E come la bora che vien e che vai disi che'l mondo se ga ribaltà E come la bora che vien e che vai disi che'l mondo se ga ribaltà E anche ste mulete tute mate pe'l capèlle zerca de acompagnarse a quelche bel putèlma co i riva a casa se senti un gran bordèle pare, mare e fia copa simisi co'l martèl E come la bora che vien e che vai disi che'l mondo se ga ribaltà E come la bora che vien e che vai disi che'l mondo se ga ribaltà L'Italia ga pan bianco, la Francia ga bon vinTrieste ga putele tute piene de morbìnCarbòn ga l'Inghiltera, la Russia ga caviale l'Austria ga capuzi che no se pol magnar E come la bora che vien e che vai disi che'l mondo se ga ribaltà E come la bora che vien e che vai disi che'l mondo se ga ribaltà E anche ste mulete xe nate carigadele tira zo le cotole per meterse le braghele fuma come cogome, le legi el Grand Hotele pare, mare e fia copa simisi co'l martèl La BORA: La Bora è un vento catabatico, cioè di caduta e compressione adiabatica, di provenienza nord/nord-orientale, che soffia con particolare intensità specialmente verso l'Alto e Medio Adriatico e verso alcuni settori dell'Egeo e del Mar Nero in presenza di forti gradienti barici tra continente e mare. La bora più conosciuta è quella di Trieste. In Croazia è celebre anche quella di Segna e in Slovenia quella di Aidussina. Lambisce marginalmente anche alcune località del Friuli, soprattutto Udine e Cividale del Friuli, nonché Gorizia e i comuni confinanti con Slovenia. La sua caratteristica è di essere un vento "discontinuo" ovvero di manifestarsi con forti raffiche, intervallate da un apparente calma di vento. A Trieste soffia con raffiche, dette "refoli", specialmente in inverno, ed è denominata "bora chiara" in presenza di cielo prevalentemente sereno e "bora scura" con cielo coperto o molto nuvoloso . L'aria artica continentale, relativamente densa e secca, scende da più varchi ("porte") sull'Adriatico: in particolare, fluendo attraverso la "porta di Postumia" o "porta della Bora" per antonomasia - una depressione della catena alpina nelle Alpi Giulie, tra l'altopiano carsico del Monte Re (Nanos-Hrusica) e il gruppo del Monte Nevoso (Snežnik-Javornik) - investe il settore triestino, attenuandosi al di fuori di una ristretta fascia di scorrimento limitata a nord ovest dal Monfalconese e a sud est dalla parte settentrionale dell'Istria bianca. Nel golfo di Trieste la bora mantiene la direzione principale ENE-WSW, causando un vivace moto ondoso e di deriva. Sia pure notevolmente indebolita, si fa sentire sino a Venezia, a Chioggia, ed oltre. Nel semestre invernale questo tipo di vento può raggiungere e superare velocità di 35-40 m/s e può durare per diversi giorni. Sempre a Trieste, a causa delle frequenti giornate di bora (circa 1 giornata su 4 all'anno nei mesi invernali, in media), il tempo locale varia in modo repentino e caratteristico. Un antico detto dei vecchi della Venezia Giulia, soprattutto fiumani e triestini, recita che "la Bora nasce a Segna, si sposa a Fiume e muore a Trieste". ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() La BORA e’ un vento con raffiche incostanti,puo’ perdurare da poche ore o anche quattro giorni di fila. Vengono annotati dall’osservatorio meteorologico di Trieste anche i dati riguardanti il numero Delle raffiche piu’ forti a giornata e i record di velocita’ per singola raffica. Nella singolare graduatoria delle raffiche di bora triestina, mediamente ci sono le raffiche da 100 e 150 Km/h ma i record veri sono i 180 chilometri all’ ora rilevate dall’ Istituto Nautico il 13 dicembre 1995, il 25 dicembre 1996 e l’ 11 gennaio 2003. Piu’ forte di queste quattro raffiche - hanno spiegato all’ Istituto Nautico - e’ stata sicuramente quella che nel 1952 strappo’ via l’ anemometro dell’ Istituto Talassografico, della quale, quindi, non c’e’ registrazione ufficiale ma approssimativamente sopra i 200 Km/h! Il 10 marzo 2010 la Bora ha segnato nuovi record. La raffica singola piu' forte registrata in centro citta' e' stata di 151 Km/h. La raffica singola registrata sul golfo di Trieste era di 211 Km/h. E la durata eccezionale del fenomeno di Bora con un record di ben 48 ore dove le raffiche di vento non sono mai scese al di sotto della soglia dei 100 Km/h! Ecco 2 video del 10 marzo: http://www.youtube.com/watch?v=5iHyD8AW0Mo http://www.youtube.com/watch?v=GXFLc4aSlmE Inutile dire che vado fiero del mio territorio e questo e' il frutto di una accurata ricerca, lo so che forse ho esagerato ma volevo essere il piu' completo possibile. grazie per l'attenzione |
Autore: | finlay [ sab 14 ago 2010, 12:26 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: Info utili che possiamo dare a chi visita le nostre citt |
direi che merita di essere pubblicato nella categoria articoli del sito complimenti davvero per l'accurato lavoro grazie!!! |
Autore: | Nova Invicta [ sab 14 ago 2010, 14:17 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: Info utili che possiamo dare a chi visita le nostre citt |
finlay ha scritto: direi che merita di essere pubblicato nella categoria articoli del sito complimenti davvero per l'accurato lavoro grazie!!! ![]() |
Autore: | Aquila Bianca [ sab 14 ago 2010, 14:25 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: Info utili che possiamo dare a chi visita le nostre citt |
finlay ha scritto: direi che merita di essere pubblicato nella categoria articoli del sito complimenti davvero per l'accurato lavoro grazie!!! si quota e si segnala all'Administrator per quanto di competenza ![]() |
Autore: | stefano75 [ sab 14 ago 2010, 19:14 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: Info utili che possiamo dare a chi visita le nostre citt |
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Autore: | Jedi [ sab 14 ago 2010, 19:16 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: Info utili che possiamo dare a chi visita le nostre citt |
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Autore: | ch-zep [ sab 14 ago 2010, 19:26 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: Info utili che possiamo dare a chi visita le nostre citt |
Ciao. Grande voglia di visitare Trieste! ch-zep |
Autore: | ch-zep [ sab 14 ago 2010, 19:28 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: Info utili che possiamo dare a chi visita le nostre citt |
Dimenticavo: chi volesse dei ragguagli sulla Svizzera, non esiti a contattarmi in MP ch-zep |
Autore: | bradipo [ sab 14 ago 2010, 20:22 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: Info utili che possiamo dare a chi visita le nostre citt |
Se passate di qua o vi servono info, per quanto sia diviso tra famiglia e lavoro, faro' il possibile per aiutarvi dal dove dormire al dove mangiare e cosa vedere nella nostra zona. Piu' di cosi'...non posso. ![]() |
Autore: | Guest [ dom 15 ago 2010, 0:43 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: Info utili che possiamo dare a chi visita le nostre citt |
Ho da sempre il desiderio e la curiosità inspiegabile di visitare Trieste e il territorio circonstante.. E adesso chi resiste più!! Complimenti per il reportage |
Autore: | ermanno [ lun 16 ago 2010, 11:41 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: Info utili che possiamo dare a chi visita le nostre citt |
grazie. ci son passato una volta, ricordo solo la piazza stupenda.. e poi mi accorgo di non aver visto altro... sarà presto... spero. per la mia città... se non venite a veder me (che non sono un granchè!) 'azzo ci venite a fare... ? ![]() tanto per chiarire siamo circondati di cose e paesi stupendi, ma qui a parte una piazza e 2 chiese (belle) ci si passa soltanto.. per fuggire subito dopo nei dintorni.. giusto come base la posizione è ottima... altrimenti non sarebbe 'lu centru de lu munnu'... ![]() |
Autore: | brunoguzzi [ lun 16 ago 2010, 12:08 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: Info utili che possiamo dare a chi visita le nostre citt |
ermanno ha scritto: grazie. ci son passato una volta, ricordo solo la piazza stupenda.. e poi mi accorgo di non aver visto altro... sarà presto... spero. per la mia città... se non venite a veder me (che non sono un granchè!) 'azzo ci venite a fare... ? ![]() tanto per chiarire siamo circondati di cose e paesi stupendi, ma qui a parte una piazza e 2 chiese (belle) ci si passa soltanto.. per fuggire subito dopo nei dintorni.. giusto come base la posizione è ottima... altrimenti non sarebbe 'lu centru de lu munnu'... ![]() Io per le mia città posso solo segnalare il luogo che interessa a te: Dalla "SORA MIMMA" Ragazze nuove ogni quindicina Sconti per militari e avvocati Si ricorda ai gentili clienti che non è consentito disturbare le ragazze prima di aver pagato la marchetta. Perdonami Bradipo, lo so ho sporcato un thread serio e interassante ma la colpa è dell'avvocato, è l'unica cosa alla quale è interessato quando va in qualche posto nuovo ![]() |
Autore: | Gattostanco [ mar 24 ago 2010, 11:49 ] |
Oggetto del messaggio: | Info utili che possiamo dare a chi visita: Ravenna |
Bella l'idea del Bradipo ![]() E allora provo a dare qualche info su Ravenna ![]() Ravenna antica Il primo centro urbano che sarebbe diventato poi la città di Ravenna sorgeva su un gruppo di isolette, era lambito dal mare, attorniato dalle paludi e a nord-est e a sud si collegava con la catena di dossi dunosi. Con il passare dei secoli e il continuo apporto di detriti alluvionali da parte dei vari rami del Po, si formò un nuovo arco dunoso che segnò un ulteriore limite della spiaggia. Sulle origini di Ravenna vi sono molte leggende, ma poche certezze: Dionigi D'Alicarnasso riferiva che la città fosse stata fondata sette generazioni prima della guerra di Troia, secondo Strabone fu fondata dai Tessali, mentre Plinio la chiama città dei Sabini. In tempi storici la città fu occupata dagli Etruschi e questo può essere dedotto dal fatto che il suffisso - enna della voce Ravenna sembra essere tipicamente etrusco. La storiografia insiste sulla presenza degli Umbri che in tempi storici si spinsero fino al Po. Ravenna Romana La storia della città è assai poco nota fino agli ultimi secoli del III sec. A.C., quando Ravenna entrò nell'orbita di Roma come civitas foederata. Per i Romani Ravenna rappresentò un punto strategico di grandissima importanza: essa era da più parti isolata dalla terraferma grazie alla presenza delle paludi, che rappresentavano una difesa naturale non indifferente, ma allo stesso tempo aveva diretto acceso al mare da dove poteva ricevere rifornimenti e rinforzi. L'età esatta in cui i Romani si impadronirono di Ravenna non si conosce, ma è sicuro che la prima flotta romana di cui a Ravenna sia attestata la presenza fu quella di Metello, legato di Silla, che vi sbarcò nell'82 A.C., forse, periodo in cui fu insignita della cittadinanza romana. La città fu scelta da Cesare come suo quartiere generale durante le trattative con il senato che forse, per ragioni militari, fece compiere qualche lavoro al porto. Il Porto di Classe ebbe origine e grande potenziamento ad opera di Ottaviano Augusto, che per meglio difendere l'Adriatico e i mari del vicino Oriente, volle farlo stanza d'una flotta pretoria composta di 250 navi, diventando la principale base della flotta del Mediterraneo centrale. Da allora in poi la vita di Ravenna fu accentrata intorno al porto e alla flotta, il cui comandante era l'uomo più prestigioso della città. Erano fiorenti i traffici (esportazione di asparagi, di pesce e di legname, proveniente dall'Italia settentrionale) e l'industria (cantieri navali). Il Porto sorse a circa 4 Km. a sud-est della città, il suo vasto bacino fu ricavato nella zona in cui prima era presente la più recente catena di dossi dunosi che aveva iniziato a spostarsi dall'antico cordone litoraneo. L'imperatore Ottaviano Augusto volle che il grande porto militare fosse unito attraverso un largo canale al ramo meridionale del Po. Tale canale è la Fossa Augusta, che prima di giungere a Ravenna forse si divideva in due rami: uno girava intorno alle mura, rafforzando la difesa della città; l'altro scorreva in mezzo alle abitazioni, agevolando così l'attività commerciale. La città in quell'epoca si presentava con una struttura topografica veramente singolare, in quanto era formata da isolotti collegati fra di loro da diversi ponti. Il forte sviluppo economico ebbe come conseguenza l'aumento della popolazione e l'ampliamento urbanistico. Come gli antichi oppida municipali (città fortificata), anche quello di Ravenna ebbe un perimetro quadrangolare. Nella cinta muraria, innalzata o restaurata da Claudio nel 43 A.C., primo anno del suo impero, si aprivano due porte che furono denominate in epoca posteriore una Porta Salustra e l'altra Posterula Latronum. La Porta Aurea è sicuramente claudiana, perché sulla fronte di essa correva l'iscrizione che ricordava Tiberius Claudius; essa presentava due aperture ed era fiancheggiata da due torri cilindriche; la porta è riprodotta nel sigillo medievale della città e nei disegni di alcuni architetti rinascimentali, fra questi il Palladio e il Sangallo. Ravenna Capitale Ancora una volta grazie alla sua particolare posizione strategica vi è un momento di notevole importanza per la storia artistica e politica di Ravenna: all'inizio del V sec., Onorio, costretto ad abbandonare Milano sotto la spinta dell'invasione dei Visigoti (490-493), la scelse come la [/b]nuova capitale dell'Impero d'Occidente. La città assunse l'aspetto splendido e fastoso d'una residenza imperiale: sorsero magnifiche costruzioni civili e religiose interamente rivestite da [b]mosaici, come per esempio la grande Basilica Ursiana a cinque navate e l'attiguo Battistero, la chiesa di Santa Croce e il Mausoleo di Galla Placidia, la chiesa di S. Giovanni Evangelista e quella dedicata agli Apostoli, oggi S. Francesco. Intanto il circuito delle mura si andò ampliando prima ad opera di Onorio e di Valentiniano III e poi per volere di Odoacre e di Teodorico. Le vicende dell'Impero d'Occidente si conclusero con l'entrata in Ravenna di Odoacre e con la morte di Paolo, zio di Romolo Augustolo, nel 476, Odoacre fu il primo barbaro che ebbe in Italia il titolo di re. Verso l'ultimo decennio del V secolo giunse nei pressi di Ravenna Teodorico a capo degli Ostrogoti. Dopo tre anni di assedio, precisamente nel 493, Teodorico costrinse Odoacre a scendere a negoziati: gli fu promessa salva la vita, ma dopo dieci giorni, accusato di insidie, fu ucciso nel Palazzo del Laureto. Teodorico, che prima assunse il titolo di Dominus e poi di Rex, fu un sovrano saggio ed illuminato. Egli diede grande impulso all'attività edilizia, intraprese grandi lavori di bonifica delle paludi circostanti e restaurò l'acquedotto traianeo, tanto è vero che alcune fistulae plumbee (tubi per condurre le acque) ritrovate nel 1938 recano la seguente iscrizione a rilievo: D (omi) n (us) Rex Theodoricus civitati reddidit. Fra gli edifici innalzati in questo periodo è da ricordare la residenza di Teodorico, il Palatium, del cui aspetto esterno una qualche idea ci è data dal mosaico che lo raffigura all'inizio della parete destra di S. Apollinare Nuovo;la sua planimetria ci è nota grazie agli scavi effettuati all'inizio dello scorso secolo dal Ghirardini. Nel 540 Belisario, generale di Giustiniano, entrò in Ravenna, così la città passo ai Bizantini e nel 554 fu fatta sede della prefettura d'Italia. Giustiniano, poco dopo, attraverso un editto concesse tutti i beni immobili degli Ariani ai cattolici: il Battistero fu trasformato in chiesa di S. Maria e la chiesa dedicata da Teodorico al Salvatore fu riconciliata al culto cattolico e dedicata a Vescovo S. Martino, che aveva combattuto strenuamente gli eretici. Di questo periodo sono le chiese di S. Vitale (iniziata sotto i Goti ma terminata sotto i Bizantini) e S. Apollinare in Classe. Ravenna Medievale Le lotte con i Longobardi, qualche decennio dopo, determinarono il passaggio del potere politico nelle mani degli Esarchi, i governanti militari, che costituirono a Ravenna una vera e propria corte modellata sull'esempio di quella imperiale. I Bizantini in un primo momento fecero rifluire nella città la vita sfarzosa degli orientali adornarono gli edifici con marmi fatti venire dal Proconneso e con mosaici fatti eseguire da artisti educati forse a Bisanzio. Questo splendore di opere d'arte non durò a lungo, anche perché il grande porto di Classe, non essendo più sede della flotta e dunque non più curato, aveva perduto la sua iniziale efficienza, e ciò anche perché si era in buona parte interrato. Di conseguenza diminuirono i traffici e i commerci e la città, malgovernata per quasi due secoli dagli Esarchi e poi brevemente, verso la metà dell'VIII secolo, dai Longobardi e dai Franchi, fu ridotta allo stremo di ogni forza, non bastando a darle splendore e potenza la pretesa degli Arcivescovi di rendere la Chiesa indipendente da Roma. All'epoca degli Ottoni gli arcivescovi divennero grandi feudatari dell'Impero e la città sembrò riprendere un po' più di vita. Sorse il Comune e con esso uno Studio e una scuola di ars notaria. Ma il potere passò presto in mano a famiglie guelfe o ghibelline che erano continuamente in lotta fra di loro. Nel XIII e nel XIV secolo si impose la signoria dei Da Polenta, fra i cui membri è noto in modo particolare Guido Novello per aver ospitato Dante Alighieri esule da Firenze. Il Sommo Poeta morì a Ravenna nella notte fra il 13 ed il 14 settembre del 1321, la sua salma si trova ai Chiostri Francescani, accanto ad essi c'è la Tomba di Dante, piccola e modesta costruzione in stile neoclassico, eretta nel 1780 dall'architetto Camillo Morigia per volere del Cardinale Legato Luigi Valenti Gonzaga, il cui stemma sormonta appunto la porta d'ingresso. Le diverse dominazioni Dall'inizio del Quattrocento la città fu sotto la giurisdizione della Repubblica veneta, che la dominò direttamente dal 1441 al 1509, anno in cui Ravenna passò, per trattato, alla Chiesa. Nel 1512, durante la guerra della Lega Santa, Ravenna fu presa dai Francesi e saccheggiata con grave strage dei suoi cittadini. Si ebbe, da questo momento in poi, un travagliato periodo di lotte civili, sostenute dai Rasponi che miravano ad impadronirsi del potere. Seguì un breve periodo di predominio veneziano e poi, con la pace di Cambrai, nel 1530 Ravenna ritornò entro lo stato della Chiesa. La vita della città sotto il governo pontificio si svolse senza avvenimenti di particolare rilievo: solamente nell'età napoleonica si ebbero invasioni di diversi eserciti in guerra. I Francesi arrivarono nel 1796, gli Austriaci, ancora i Francesi nel 1800, nuovamente gli Austriaci, e gli Inglesi, nel 1813, ed infine, dopo altre vicende, il ritorno alla dominazione pontificia quando Napoleone fu completamente vinto. L'avventura napoleonica aveva suscitato grandi speranze fra i ravennati, che andavano a scontrarsi con la grettezza conservatrice dei governanti; ciò favorì l'accendersi a Ravenna delle tensioni liberali. Durante i Moti del 1831 essa fece parte delle Province Unite e nel 1849 della Repubblica Romana che era appoggiata da larga parte della popolazione (e la trafila dei ravennati salvò Garibaldi in fuga dagli austriaci accompagnandolo a rischio della vita fino al Granducato di Toscana). Nel 1859 la città ottenne l'annessione al regno di Sardegna, e nel 1861 ne divenne provincia. Storia recente Repubblicani, Socialisti, Anarchici. Nel secolo scorso a Ravenna fu un fiorire di tensioni politiche e sociali. Nacquero le leghe, le Società Operaie e le cooperative. Le Guardie Papaline consideravano i ravennati un popolo di attaccabrighe ed accoltellatori. Non a caso, anche oggi, il Passatore è un po' il simbolo della Romagna Nel giugno del 1914 anche Ravenna insorse nella "Settimana Rossa" (consiglio lo splendido romanzo di Tino Dalla Valle "I giorni rossi" - Maggioli Editore - ambientato proprio in quei giorni). Trent'anni dopo, nel 1946, Ravenna fu il capoluogo di provincia dove, nel Referendum Istituzionale, la Repubblica ebbe la percentuale più schiacciante: il 91,2%. Negli anni 80, la visita del Presidente del Consiglio Spadolini (laico) riempì Piazza del Popolo all'inverosimile, mentre la stessa piazza rimase mezza vuota per la visita di papa Carol Woytila. La Seconda Guerra Mondiale era appena finita, la Resistenza in Romagna era stata dura e partecipata, la Ravenna povera, contadina e ribelle non sarebbe più stata la stessa. La ricostruzione si basò sul Porto, sull'industria petrolchimica e sul turismo di massa che avrebbe di lì a poco invaso le spiagge della Riviera Adriatica. Oggi la grande industria non c'è più: si stanno smantellando le ultime installazioni della vecchia Sarom di Monti, il Gruppo Ferruzzi è crollato quasi vent'anni fa, dando però spazio alle piccola e media imprenditoria. Ravenna è una città di una dimensione ancora abbastanza vivibile, mediamente ordinata e ben amministrata. E nonostante la romagnolità ovviamente si stia amalgamando e sempre di più, rimane a mio parere percepibile a chi riesce ad entrare in sintonia con i "nativi", sempre orgogliosi delle loro peculiarità... soprattutto legate al tempo libero e alla gastronomia Il tempo libero e lo sport Per molti anni, dal dopoguerra al crack del Gruppo Ferruzzi, il Volley (maschile e femminile) a Ravenna è stato più popolare del calcio. Poi ci si è affidati troppo alla magninimità del Gruppo di Raoul Gardini e, con quel crack, sono implose purtroppo anche Olympia e Casadio... Ma sulle migliaia di (gratuiti) campi sparsi sulle spiagge, da 4 a 60 anni ci si consola con i racchettoni ![]() ...o al limite con il beach volley. A parte gli scherzi: si usa dire che ogni due romagnoli ci sono tre circoli... è vero: dalla bocciofila al motoclub, dal circolo del PD o dell'ACLI dove si gioca tutto il giorno a "beccaccino" o Mah-Jong, ai circoli letterari o del volontariato, da queste parti non è difficile entrare in contatto con altre persone che abbiano gli stessi interessi. E la sera, in molti di quei circoli, scattano le lezioni di ballo o le feste (mi pare che il liscio sia un po' in calo... direi che oggi va molto il sudamericano, la salsa o giù di lì... io non sopporto ballare)... Grande passione anche per la biciletta ma... occhio: il ciclista ravennate va anche controsenso, non rispetta gli stop, non utilizza i fanali. Per fortuna le piste ciclabili sono molte (oltre a quelle cittadine, una porta fino a Punta Marina e poi a Marina di Ravenna in mezzo alla pineta, un'altra giunge fino a S. Apollinare in Classe). ![]() Gastronomia... beh, qui ce ne sarebbe da scrivere... Cappelletti: quando arrivi, d'inverno, in cima al Passo della Colla, non c'è niente di meglio che scongelarsi con un piatto di ottimi cappeleltti in brodo: ![]() ...se per caso li hanno finiti, un'alternativa più che valida sono i Passatelli: ![]() I Cappelletti sono ottimi anche al ragù, ma i Passatelli devono essere solo in brodo!!!! Asciutti, sono fantastici gli Strozzapreti ![]() oppure un bel piatto di classiche Tagliatelle (magari con la lepre od il cinghiale...) ![]() E poi non dimentichiamo un vero e proprio simbolo della Romagna, fatta lì per lì nelle centinaia di chioschi sparsi per le città, i paesi, le campagne e le colline: la Piadina ![]() con la quale ci si accompagna il pasto (sostituendo il pane ...ed è ottima con la carne cotta alla brace: salsiccia, pancetta, costolette, fiorentina) oppure diventa un vero e proprio secondo con salame, prosciutto, coppa, pancetta e naturalmente lo Squacquerone: ![]() Per i dolci: non si può rinunciare ad un buon ciambellone da tociàre nel Sangiovese ![]() oppure passare ad un Tiramisù o una zuppa inglese ![]() Cercando le foto mi sono imbattuto in qualche sito interessante in tema di gastronomia romagnola: http://www.mitidiromagna.it http://www.romagnanetwork.it http://www.cucinaromagnola.com Mangiare a Ravenna: consiglierei la Ca' de Ven (non proprio economica ma ...fantastica e tipica: piadina & affettati, oppure una buona minestra). Occhio all'orologio, alle 22 chiudono la cucina! http://www.cadeven.it Oppure (meno tipico ma ottimo per rapporto qualità/prezzo): Ristorante La Gardèla http://www.ristorantelagardela.com Mentre a Marina di Ravenna non ci si può far mancare un fritto misto da Irma & Pino http://www.trattoriacubana.it o ai Pescatori - Via Molo Dalmazia, 41 - 0544 531711 (in entrambi i casi anche al cartoccio), proprio sul porto canale ![]() A Milano Marittima (alla rotonda sull'Adriatica si seguono le indicazioni): c'è l'immancabile Casa delle Aie (cappelletti, carne ai ferri, piadina) via Aldo Ascione 4 - Milano Marittima - Tel. 0544-927631 Da vedere a Ravenna: Nel centro storico di Ravenna, da decenni, è stata istituita un'ampia zona pedonale. Le vie principali, quindi, possono essere vissute a piedi o in bici senza l'assillo del traffico veicolare. Per chi arriva a Ravenna in moto, trova alcuni parcheggi per le due ruote proprio all'inizio della Zona Pedonale (i più comodi a mio parere, quelli di Piazza Kennedy/Via Rasponi, Piazza dei Caduti per la Libertà). Per le auto: basta avere delle monetine e si può parcheggiare ai bordi della zona pedonale... Per chi vuole risparmiare consiglio di cercare Piazza della Resistenza, parcheggiare lì (anche zona camper) e, a piedi, utilizzando via Cura si arriva in centro in cinque minuti! Ravenna è stata riconosciuta patrimonio mondiale da parte dell'UNESCO. Sono ben otto i suoi monumenti che, patrimonio di 1500 anni di storia, sono stati inseriti dall'UNESCO nella World Heritage List, la Lista del Patrimonio Mondiale: Mausoleo di Galla Placidia ![]() Battistero Neoniano ![]() Battistero degli Ariani ![]() Basilica di Sant'Apollinare Nuovo ![]() Cappella Arcivescovile o di Sant'Andrea Mausoleo di Teodorico ![]() Basilica di San Vitale ![]() Basilica di Sant'Apollinare in Classe ![]() I monumenti dell'UNESCO a Ravenna: http://www.turismo.ravenna.it/contenuti ... enti&cat=3 La Domus dei Tappeti di Pietra: La Domus dei Tappeti di Pietra è uno dei più importanti siti archeologici italiani scoperti negli ultimi decenni. Collocata all’interno della settecentesca Chiesa di Santa Eufemia, in un vasto ambiente sotterraneo situato a circa 3 metri sotto il livello stradale, è costituita da 14 ambienti pavimentati con mosaici policromi e marmi appartenenti ad un edificio privato bizantino del V-VI secolo. Ravenna può essere, poi, una buona base per escursioni sul Delta del Po... http://www.parcodeltapo.it ...o sulle colline del faentino... http://www.terredifaenza.it ...o negli altri borghi e paesi della provincia: http://www.racine.ra.it/ravennaintorno ...in moto, tra la Romagna e la Toscana, le strade sono belle&storte. Da Ravenna il Muraglione si raggiunge in un'oretta e mezzo, così la Colla o la Calla... molto belle anche le strade dei passi più bassi o trasversali rispetto a quelli principali: ![]() Info utili: B&B e R&B: http://www.bedandbreakfastravenna.it Sistema Museale provinciale: http://dev.racine.ra.it/sistemamusei/index.php Museo d'Arte della Città di Ravenna: http://www.museocitta.ra.it World Heritage List Unesco a Ravenna: http://www.turismo.ravenna.it/contenuti ... enti&cat=3 Credits: La storia di Ravenna (fino a "le diverse dominazioni") l'ho tratta risistemando e tagliando quanto riportato sul sito del Comune di Ravenna, il resto è "farina del mio sacco". |
Autore: | Stefanone [ mar 24 ago 2010, 14:32 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: Info utili che possiamo dare a chi visita le nostre citt |
x Bradipo: bellissima recensione! già che semo,ogni volta che vegno a ts no so mai dove ndar a magnar qualcossa!cossa te me consigli? P.S.stavo meno se invece de leger vignivo de persona! ![]() se scherza.. |
Autore: | giuseppe [ mer 25 ago 2010, 11:35 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: Info utili che possiamo dare a chi visita le nostre citt |
Pepi sciavo, un nome una garanzia..... porcumine a gogo' e kren |
Autore: | LupoGrigio [ mer 1 set 2010, 9:54 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: Info utili che possiamo dare a chi visita le nostre citt |
Bel lavoro!!! Che nostalgia; ho lavorato 6 anni nel Triveneto ed ero spessissimo a Trieste. CHE BELLA CITTA' E CHE BELLA GENTE!!!! A presto (spero). P.S. non è che qui (Siena) si stia male, ma Trieste ha sempre avuto un' atmosfera particolare che a me è sempre piaciuta molto. e poi ci sono le mule!!!!! ![]() ![]() ![]() |
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