Ecco mi pare un'idea carina,di mettere a disposizione di chi vuole visitare la nostra
citta',dove viviamo,tutte quelle informazioni utili sia dal punto di vista prettamente turistico
sia dal punto di vista logistico.
Credo che sia una cosa molto bella e utile.
Comincio io.....con la mia Trieste.Ecco il mio vademacum del pellegrino.Benvenuti a Trieste! Citta' variopinta e dintorni stupendi. Una perla incastonata nel pieno centro d'Europa.
Da sempre crocevia naturale, storico e culturale tra Oriente ed Occidente.
(Da:fonte Wikipedia)
Dalla Preistoria al MedioevoLa città di Trieste e il proprio retroterra carsico divennero sede stabile dell'uomo
già in età neolitica. Il primo popolo di cui si hanno notizie certe è quello degli Istri,
di probabile origine illirica, che con la costruzione dei castellieri sviluppò, a cavallo
fra il II e il I millennioa.C. un tipo di civiltà relativamente avanzata che
successivamente venne influenzata dai Paleoveneti (a partire dall'VIII secolo a.C. circa)
e dai Carni, popolazione celtica quest'ultima, insediatisi attorno alla seconda metà
del V secolo a.C. in gran parte dell'attuale Friuli.
La cultura dei castellieri si sviluppò in Istria nell'età del bronzo medio per espandersi successivamente in Friuli e zone limitrofe.
Durò oltre un millennio (dal XV al III
secolo a.C. circa) ed ebbe termine solo con la conquista romana.
Prende il nome dai borghi fortificati che sorsero un po' ovunque nella sua zona di
diffusione e definiti per l'appunto castellieri.
A dare vita alla cultura dei castellieri fu un gruppo etnico di incerta origine ma
probabilmente pre-indoeuropeo e sicuramente proveniente dal mare.
I primi castellieri furono infatti costruiti lungo le coste istriane e presentano
un curioso fenomeno di megalitismo riscontrabile in quello stesso periodo
nel mondo miceneo.
E fu proprio uno di questi castellieri, con ogni probabilità - forse quello che
dominava il territorio dall'attuale colle di San Giusto, oggi sede della cattedrale
a dare origine al borgo. Il suo stesso nome, derivato dal latino Tergeste,
confermerebbe quella che per secoli è stata la sua grande vocazione:
"terg" è infatti una radice paleoveneta che significa mercato, mentre "este"
altro non è che la città. Non mancano poi le leggende: da queste parti
raccontano i testi antichi - approdarono Giasone e gli Argonauti in cerca
del mitico Vello d'oro e qui, da Troia in guerra, sbarcarono Antenore e Diomede.
Nel II secolo a.C. divenne municipio romano con il nome di Tergeste,

sviluppandosi e acquisendo una netta fisionomia urbana in epoca augustea.
Dopo l'anarchia che paralizzò l'intera regione alla caduta dell'impero d'Occidente,
la città, fortemente ridimensionata sia sotto il profilo economico che demografico,
divenne, con Giustiniano I, colonia militare bizantina. Tale situazione si protrasse
fino al 788, quando passò sotto il controllo dei Franchi, dai cui sovrani i vescovi
ebbero l'autorità temporale che esercitarono fino all'affermarsi del libero comune
nel corso del XIII secolo.
Da libero comune a grande porto internazionale.Nel XIII secolo Trieste divenne un comune libero, ma le continue guerre e rivalità
con Venezia, che ambiva ad assumere una posizione egemonica nell'Adriatico,
la spinse a porsi sotto la protezione del Duca d'Austria (1382) conservando però
una certa autonomia fino al XVII secolo. Un legame fatto di odio e amore,
rispetto e sottomissione. E proprio gli austriaci, cui molti triestini sono ancora
uniti da sentimenti contraddittori, fecero costruire
fra il 1470 e il 1630 - il Castello di San Giusto sul colle, divenuto oggi uno dei
simboli della città.

Nel 1719 Carlo VI d'Austria dichiarò Trieste porto franco ed il governo dell'Impero
Austriaco vi investì enormi capitali. Dopo la morte dell'imperatore (nel 1740) salì
al trono la giovane Maria Teresa d'Asburgo che grazie ad una attenta politica
economica permise alla città di diventare uno dei principali porti europei.
Trieste venne occupata per tre volte dalle truppe di Napoleone, nel 1797,
nel 1805 e nel 1809, quando fu annessa alle Province Il liriche; in questi brevi
periodi la città perse definitivamente l'antica autonomia con la conseguente
sospensione di status di porto franco.
Ritornata agli Asburgo nel 1813 la città crebbe, anche grazie all'apertura della
ferrovia con Vienna nel 1857,, e, negli anni sessanta dell'Ottocento fu elevata
al rango di capoluogo di Land nella regione del Litorale Adriatico (il Küstenland).
Successivamente la città divennne, negli ultimi decenni dell'Ottocento,
la terza realtà urbana dell'Impero Austro-Ungarico.
Per volontà della casa d'Austria, grande potenza multinazionale, Trieste si
trasformò in fretta da piccolo borgo marinaro a grande porto europeo e, salvo
alcune brevi parentesi di dominio veneziano, spagnolo e infine napoleonico,
rimase assoggettata agli Asburgo fino al 1918.
Arrivarono commercianti, imprenditori e avventurieri da tutto il mondo, vasti
tratti di mare furono interrati e la città, radicalmente ristrutturata nel Settecento dall'energica imperatrice Maria Teresa,
si espanse fino a contare, alla metà
dell'Ottocento, oltre 150.000 abitanti. Vi si stabilirono grandi compagnie di
assicurazione e navigazione. Cantieri e fabbriche aprirono i battenti.
Trieste, divenuta il porto della grande Austria, faceva le bollicine, traboccava
di iniziative economiche e culturali. Migliaia di persone, provenienti dalla Grecia,
dalla Turchia e da altri paesi più o meno distanti, diedero vita a una comunità
multietnica come poche altre in Europa, offrendo ospitalità a tutti i principali
culti religiosi e alle rispettive chiese, ancora oggi esistenti. E poi l'arte: qui
vissero letterati come Italo Svevo, Scipio Slataper, Rainer Maria Rilke,
James Joyce. Un'atmosfera carica di fascino, carisma e mistero, che ancora
oggi si respira passeggiano per le vie di Trieste o frequentando locali storici
come gli antichi caffè o la libreria che fu del poeta e intellettuale Umberto Saba.

Ma sensibili ai movimenti irredentisti che percorrevano l'Europa, molti triestini
aderirono alle imprese garibaldine e alle guerre risorgimentali. Con la caduta
dell'Impero Austro-Ungarico, la città di Trieste fu annessata all'Italia nel 1920;
le sorprese, tuttavia, non erano finite. Il secondo conflitto portò infatti con
se nuove tragedie. Prima della fine della guerra, le truppe jugoslave del maresciallo
Josip Tito arrivarono e liberarono la città; tuttavia, almeno 3000 italiani contrari
al regime comunista furono sotterrati vivi in profonde cavità carsiche chiamate
foibe nei tristi 40 giorni di occupazione. Solo l'intervento delle truppe alleate spezzò
l'incubo e la città, in un misto di euforia e disorientamento, rimase sotto il controllo
del governo militare statunitense fino al 1954. In quell'anno Trieste tornò finalmente
e definitivamente alla madre patria, divenendo il capoluogo della più piccola
provincia italiana e della regione Friuli-Venezia Giulia.

La partenza degli americani, però, segnò un altro periodo difficile.
Molti posti di lavoro andarono perduti e si avviò una progressiva deindustrializzazione
del territorio. La crisi del porto e lo spirito indubbiamente poco imprenditoriale
dei triestini fecero il resto, trasformando l'economia cittadina in un fenomeno del
tutto anomalo. Riprendersi e ritrovare lo smalto di un tempo richiederà non poca fatica.
E ancora oggi la percentuale di disoccupati, nella Venezia Giulia, è una delle più
alte del nord Italia.
Solo negli ultimi vent'anni Trieste è stata capace di ritagliarsi nuovi spazi,
divenendo la capitale della scienza e della ricerca in Italia, settore che
attualmente dà lavoro a migliaia di giovani. Tra le varie istituzioni scientifiche
che la città ospita, ci sono l'Area di Ricerca, uno dei più grandi parchi tecnologici
d'Europa, il Sincrotrone Elettra, il Centro internazionale di fisica teorica,
il Laboratorio di biologia marina, il Centro internazionale di ingegneria genetica
e biotecnologia e molti altri, oltre a un'università all'avanguardia costruita
negli anni Venti.
Luoghi da vedere:Strada del vino TerranoIl Terrano è un vino rosso secco e corposo, ottenuto dai vitigni del Refosco.
Caratteristica della zona di produzione del Terrano è la "terra rossa" che, unita
al clima mite ed al sole, dà al vino un gusto ed un' aroma inconfondibili.
Tipico vino da selvaggina,dal profumo intenso colora labbra e bicchiere coi
suoi pigmenti bruni. I medici poi, lo raccomandano per la sua acidità, che agisce
sull'apparato digerente aiutandone il corretto funzionamento.
Il Terrano è inoltre particolarmente indicato per le persone anemiche e va
comunque ricordato che le sue proprietà mediche erano note già in epoca romana.
Negli scritti di Plinio troviamo infatti descritte le qualità di un ottimo vino prodotto
in queste zone.
Proprio al fine di valorizzare questo tipico vino locale è stata inaugurata nel 1986
la "Strada del vino Terrano",che si articola tra Italia e Slovenia,da Trieste a
Nova Goriza, voluta e patrocinata dalla Provincia di Trieste.
La "Strada del vino Terrano" si sviluppa da Opčine-Opicina fino a Vižovlje-Visogliano
e comprende 18 trattorie, nelle quali la cucina tipica locale viene accompagnata
al Terrano. Consigliamo comunque di accompagnare il vino Terrano agli affettati,
alla selvaggina ed ai piatti di carne in genere. Le trattorie aderenti all'iniziativa
sono individuabili tramite un'apposita segnaletica ed espongono davanti al locale
una tabella indicante l'adesione alla "Strada del vino Terrano".
Le foci del Timavole acque cristalline del fiume, che dopo chilometri nel sottosuolo carsico sbocca
nei pressi di S. Giovanni di Duino , ai piedi di un’antica chiesetta gotica risalente
al XV° secolo. La località già citata dagli antichi ospita anche un eccezionale
complesso culturale dedicato al dio Mitra, e non fa che suggellare l’impronta
storico-mitica di quest’area carsica.
Il Villaggio del pescatorenelle cui vicinanze si trova un importante sito paleontologico, dove è stato
rinvenuto lo scheletro completo di un dinosauro, il più grande mai trovato
in territorio italiano. Antonio, questo il suo nome sebbene fosse una femmina,
era lungo 4 metri e pesante 7 quintali. Lo scheletro di Antonio, ricomposto,
è stato esposto per la prima volta nel dicembre 2000 ed ha subito attirato
migliaia di entusiasti visitatori
La Passeggiata Rilkeil sentiero a picco sul mare, con panorami mozzafiato, dove trovava ispirazione
il poeta praghese di origine tedesca Rainer Maria Rilke durante la sua permanenza
al vicino castello di Duino . Il maniero trecentesco è attraversato da un’atmosfera
fiabesca ed evoca storie e leggende inquietanti. Qui l’artista compose la sua
più nota raccolta di versi: “Elegie Duinesi”.
La grotta VILENICAla più antica in Europa, dove nelle notti estive si svolge un famoso festival
letterario di carattere internazionale. Sarete avvolti in una cornice irreale,
magica perché la grotta è abitata da fate, le vile, che a suo tempo diedero
il nome alla grotta.
http://vilenica.com/_wsn/page2.htmlLa baia di Sistiana
una suggestiva insenatura naturale, incastonata tra l’azzurro del mare Adriatico
e la bianca pietra del Carso. La marina ospita decine di imbarcazioni e le vicine
spiagge sono un paradiso per i bagnanti.
La Grotta Gigante
dal 1995 inserita nel Guinness dei Primati come la caverna turistica più grande del mondo!
Da più parti si fa notare che data la sua vastità, la grande sala (alta più di 100 metri,
lunga 280 e larga 65) potrebbe contenere comodamente la Basilica di San Pietro!
Scoperta nel lontano 1840 è oggi teatro di manifestazioni culturali, concerti
e ricerche scientifiche. All’interno anche il museo speleologico,assolutamente da vedere!
Il giardino botanico "Carsiana"interessanti ambienti floreali per scoprire le particolarità del Carso. Il parco ospita
quasi tutti gli esempi della flora carsica, presentati nel loro ambiente d’elezione.
La dolina è in ogni stagione dell’anno meta di migliaia di visitatori, specie in
primavera quando si colora di fiori e l’ambiente si riempie di deliziosi profumi.
La strada pedonale panoramica "Napoleonica"
si dice sia stata costruita dagli eserciti di Napoleone. Dalle sue pendici si può
ammirare lo splendido panorama della città di Trieste, del golfo, della costa istriana
e della laguna di Grado. Rappresenta la “passeggiata” preferita dai triestini, ma
è anche un percorso di allenamento podistico praticabile nell’arco di tutto l’anno.
Si snoda sul costone carsico, a picco sul mare e collega gli abitati di Opicina
e Prosecco .E pure zona di allenamento assieme alla Val Rosandre che chi vuole
praticare arrampicate sulla roccia,grazie a pareti verticali di ogni grado di difficolta’.
Anche l’esercito italiano qui ha sede di scuola di roccia.
La Val Rosandra
imponente opera naturale sul fondo della quale, dopo una stupenda cascata di
circa 30 metri, scorre il torrente Rosandra, uno dei rari esempi di idrografia
carsica di superficie. Dal 1984 è dichiarata Parco naturale. Conserva i resti
dell’acquedotto romano, che in passato riforniva d’acqua la popolazione della
Tergeste romana, nonché significative tracce delle decine di mulini che una
volta costeggiavano il torrente.Non e’ raro imbattersi in piccoli fossili di nummuliti
e rudiste,fossili di molluschi che testimoniano come milioni di anni fa questa valle
non fosse altro un fondale marino preistorico.
Le saline di Siciole in Slovenia.per dimensione le seconde più grandi dell’Adriatico, si sviluppano su un’area
di 650 ettari. Spettacolari. Sono composte da centinaia di vasche comunicanti,
divise da argini di terra. In un’antica casa di pietra c’è un piccolo, suggestivo
museo che racconta l’economia del sale, iniziata nel IX° secolo e proseguita
per più di mille anni.
Le grotte di Postojna in Slovenia.formazioni calcaree spettacolari, fiumi e laghi sotterranei, sale enormi,
visitabili a bordo di un trenino. Ed in più, ad aspettarvi, il pesciolino umano
(Proteus anguinus), uno degli esseri più misteriosi al mondo. Dal 1891 è
stata visitata da milioni di turisti entusiasti.
Il castello e il parco di Miramare
nelle acque di fronte al Castello ed al suo parco, un’area protetta che
rappresenta la prima riserva marina d’Italia. Per il suo ambiente caratteristico
è stato incluso dall’O.N.U. fra le riserve della Biosfera da salvaguardare.
All’interno del Parco il WWF Trieste ha allestito un acquario con telecamere
collegate al parco marino.
Il sentiero dei pescatori ad AurisinaSituato vicino alle antiche cave romane,ripido itinerario che dal paese di
Aurisina scende fino al mare, per secoli percorso dai pescatori. Durante
la discesa si incrocia la famosa Ferrovia Meridionale che per la sua inaugurazione
portò a Trieste niente di meno che l’imperatore Francesco Giuseppe in persona.
Da allora, grazie alla ferrovia, dalla cava nei pressi di Aurisina il suo marmo
bianco servì ad abbellire i palazzi di tutta l’Austria-Ungheria.
Per dormire:http://www.turismofvg.it/http://www.turismofvg.it/it-IT/alloggi.htmlLa cucina tipica:La cucina triestina porta con sé influenze austriache, ungheresi,
ebraiche, slave e orientali, soprattutto per il largo uso di spezie e aromi.
Tra i piatti tipici ricordiamo:
la Jota, una minestra con fagioli,patate e crauti acidi;
gli
Gnocchi di susini, un primo agrodolce in cui si incontrano
patate e prugne garnite con burro fuso e tanta cannella;
gli
Gnocchi di pane, preparati con pane, uova e prosciutto e
salumi vari;detti anche knederli.
la
Porzina con capuzi, che non è altro che carne di maiale lessata
e servita con crauti, senape e kren (ossia la radice del rafano);
il
goulash, sugo di carni miste molto densa e speziata di origine ungherese,
da servire con gli gnocchi di patate.
Tra i dolci tipici di Trieste abbiamo:lo
strudel di mele, derivato dalla cultura austriaca, che viene
preparato con mele e pinoli;
la putizza, un dolce di pasta sfoglia ripiena di frutta secca;
i
Kipfel di patate, cioè dei piccoli dolci di patata che vengono fritti
in olio bollente e guarniti con zucchero a velo;
le
favette, a base di mandole bianche pelate, farina di riso, miele
e maraschino.
La
Ghibanizza dolce multistrato di origine slava.Molto calorico a base
di pasta frolla,miele,ricotta,mele,uvetta,marmellata,cannella, pasta sfoglia
e semi di papavero.
Per quanto riguarda i
vini triestini abbiamo gli ottimi Doc del Carso,
tra cui citiamo Carso Terrano, il Carso Cabernet Sauvignon, il Carso Malvasia
e il Carso Vitovska.
Il pesce fornisce alla cucina triestina e della laguna attorno a Grado piatti eccellenti,
cotture ricche di aromi che rendono molto raffinati tutti i pesci, ma anche
il riso, frequentemente preparato in delicati risotti marinari. Fra i piatti di
pesce tipici e di antica tradizione ricordiamo il «branzino guarnito in sfoglia dorata».
Un piatto che prevede i seguenti ingredienti: un branzino di cinque chili circa,
un etto di gamberetti, un chilo di vongole, un chilo di cozze, due etti di cappe
lunghe, un etto e mezzo di burro, mezzo chilo di pasta sfoglia.
La preparazione è laboriosa e richiede le seguenti fasi: si lavano
i filetti del branzino e si rosolano nel burro. Si padellano vongole,
cozze e cappe lunghe e si levano dal guscio. Si puliscono i gamberetti e si
cuociono per qualche minuto nel burro assieme alle vongole, alle cozze e alle
cappe lunghe. Si frulla il tutto e si mette il composto in mezzo ai filetti del branzino.
Si avvolge il branzino nella pasta sfoglia e si cuoce nel forno per circa un quarto
d'ora. Si porta in tavola molto caldo.
Altro piatto interessante sono le «canocie in busara» (cannocchie in umido).
Per busara si intende quell'intingolo, fatto con pane grattato, pepe, sale, vino
bianco e pomodori pelati, nel quale vengono cotti gli scampi e le cannocchie
o cicale di mare. La "busara" era una pentola di coccio o di ferro che i marinai
usavano per cucinare il pasto di bordo. Il termine, eminentemente marinaresco,
è entrato a far parte del lessico culinario triestino, attraverso il tragitto che
il pesce compiva partendo dalla Dalmazia e dall'Istria, per giungere nel porto
di Trieste. Gli ingredienti sono cannocchie tagliate ai lati nel senso della
lunghezza, aglio, prezzemolo e pangrattato, vino bianco, sale e pepe.
Si alternano a scacchiera o strati le cannocchie, si cospargono del composto
ricavato dall'aglio, prezzemolo e pangrattato, si bagnano poi con un bicchiere
di vino bianco, pepe e sale. Si pongono in tegame, si tappa e si cucinano per
dieci minuti. Il sugo dell'intingolo è saporitissimo!
Le acciughe vengono preparate in vari modi (crude marinate nel limone sono
davvero ottime) e va ricordata una specialità tipicamente triestina di origine
austro-ungarica: il «liptauer». Si tratta di una crema di formaggio da spalmare
sul pane, possibilmente di segala, preparata nelle salumerie: ricotta e burro
vengono mescolati con acciuga e cipolla tritata, capperi, senape, paprica,
prezzemolo, kummel ed erba cipollina.
Il sapore dei trascorsi asburgici si ritrova anche nel «gnocco gigante» che
è un diretto derivato dei Knödeln o canederli ancora oggi tipici della tavola
trentina e altoatesina, ma è molto più grande. Si tratta di un impasto di pane
raffermo tagliato a pezzetti, soffritto nel burro e legato con uova, sale, farina
e prosciutto. Chiuso in una salvietta cuoce al vapore, appeso sopra una pentola
in ebollizione. Viene servito coperto di burro rosolato e cosparso di abbondante
formaggio grattugiato.
Uno degli elementi caratterizzanti della gastronomia triestina è costituito dai dolci:
la tradizione viennese della torta Sacher (ormai famosa in tutto il mondo) e
della crema carsolina,(pasta mellefoglie farcita a strati con crema pasticcera),
è sempre viva nelle pasticcerie e nei caffè dove la civile usanza di una sosta
e di uno scambio di idee scandisce la vita serena e distesa dei triestini:
caffè che hanno antiche tradizioni letterarie che vedono scrittori come
(tanto per fare un esempio) Italo Svevo e James Joyce.
Come in tutti i paesi nordici, il dolce costituisce spesso la conclusione dei pasti,
anche di quelli molto semplici: per cui accanto ai dolci raffinati generalmente
di origine austriaca, molti sono quelli (come lo «strudel» e i «krapfen») che sono
realizzati con ingredienti molto semplici, ma non per questo sono meno gustosi
e capaci di conferire alla tavola una certa allegria.
Ricette per gustare Trieste:Antipasti e “rebechini”Nelle famiglie triestine accade di rado che un pranzo
sia preceduto da un antipasto, a meno che non si tratti
di un 'occasione particolarmente importante: un matri-
monio, un cenane di Capodanno, un pranzo natalizio
o pasquale.
Eppure la cucina tipica triestina non solo conosce gli
antipasti, ma vi dedica anche una notevole attenzione.
Non è un controsenso, bensì il risultato dello sviscerato
amore dei triestini per gli spuntini, per i piccoli boc-
concini fuori pasto accompagnati da un calice di vino;
per i
rebechini insomma, come vengono chiamati in
dialetto questi piccoli svaghi gastronomici.
Verso le dieci del mattino, sono molti i locali cittadini
che ribollono di clienti impegnati a celebrare il rito
gioioso del rebechin, abbondantemente condito dalle
ciacole e dalle tacade d'obbligo.
Per i triestini è un rito antico, grazie al quale la nostra
gastronomia può annoverare qualche autentico gioiello e
qualche gloria come il savor e il bacala' in bianco o con prezemolo,
la cui paternità è ormai indebitamente rivendicata da troppi.
Un 'usanza simile s'incontra anche nel Veneto, ma mentre
a Trieste l'interesse è rivolto principalmente allo spuntino,
nel Veneto l'attenzione si accentra di più sui liquidi
che lo accompagnano, e infatti non si dice a-andar a far un
rebechin» come a Trieste, bensì «-
andar a ombre».
La Jota
Quando a Trieste iniziano i primi freddi, le giornate si accorciano e la Bora
si fa sempre più forte, dalle finestre e dalle corti delle case si espandono
quegli odori che immediatamente una persona associa all’Austria e alle montagne.
Cumino, cannella, crauti, fagioli, bollito di maiale riportano la mente a certi mercatini altoatesini,
e difficilmente ci si ricorda di essere nell’appendice più estrema del mar mediterraneo.
Questa è la ricetta della classica minestra invernale locale.
Varia da famiglia a famiglia...
Ingredienti per la Jota (dosi per 4-5 persone):
500 g di crauti acidi
200 g di fagioli
4 patate
2 foglie alloro
cumino
1 spicchio aglio
olio, farina e sale q.b.
insaporirla con 1 salsiccia, 1 costina affumicata e un codino di prosciutto
crudo o salsicce.
Dopo aver lasciato a bagno per una notte i fagioli, cucinateli con del brodo
vegetale e l’alloro per un’ora abbondante.Intanto soffrigete l’aglio nell’olio
e una volta dorato levatelo e aggiungete i crauti e un po’ di cumino e copriteli
a raso con dell’acqua,quindi fate consumare a fuoco basso.
Quando i fagioli sono quasi pronti, sbucciate le patate e tagliatele a piccoli
pezzi per poi aggiungerle ai fagioli e fatele cuocere finchè non si addensa.
Quando i crauti sono pronti aggiungeteli ai fagioli e alle patate.
In una padella stemperate l’olio con la farina facendo attenzione che non
si formino grumi, per poi aggiungerlo nella minestra. Inoltrate la cottura
regolando in sale.
Consiglio: questa minestra acquista fascino se, al momento della
cottura dei crauti, si aggiungono la salsiccia e la costa affumicata.
Se volete gustarla appieno, lasciatela riposare per un giorno.
Spaghetti allo scoglioIngredienti
per 4 “buone forchette”
· 500g di spaghetti
· 500g di cozze
· 500g di vongole veraci
· 300g di calamari
· 12 scampi
· 300g di pomodorini ciliegia maturi
· un piccolo scalogno
· vino bianco, possibilmente lo stesso che accompagnerete al piatto
· aglio
· olio extravergine di oliva
· peperoncino
· prezzemolo
· sale
Almeno 4 ore prima di iniziare a preparare il piatto occorre far spurgare
cozze e vongole. A questo scopo riponiamole in una bacinella d’acqua,
aggiungiamo un pugno di sale grosso e una spruzzata di aceto o succo
di limone: essendo urticanti, fanno spurgare meglio i frutti di mare.
Cambiamo l’acqua almeno tre volte a distanza di tempo, avendo
cura di rimuovere accuratamente il residuo di sabbia che si depositera’ sul fondo.
Poniamo uno spicchio d’aglio schiacciato in un una padella, su fiamma
viva, con un po’ d’olio, poniamoci le cozze con i gusci ben puliti e bagnamo
con il vino. Dopo alcuni minuti le conchiglie saranno aperte. Rimuoviamole
dalla padella, filtriamo e mettiamo da parte il liquido di cottura.
Ripetiamo l’operazione con le vongole.
In una padella con un filo d’olio aggiungiamo dell’aglio schiacciato,
poniamovi gli scampi dalla parte del dorso, dopo avervi praticato una
profonda incisione che vada dalla parte inferiore della testa fino alla fine
della coda e bagnamo con del vino bianco.
Una volta cotti gli scampi, rimuoviamoli dalla padella e riponiamoli al caldo.
Nella stessa padella aggiungiamo lo scalogno tagliato finemente e, quando
sara’ leggermente imbiondito (piu’ giallo sara’, piu’ ne percepiremo il sapore),
aggiungiamo i calamaretti e l’acqua di cottura dei frutti di mare.
Facciamo cucinare a fiamma viva per pochi minuti e aggiungiamo i
pomodorini tagliati a meta’. Abbassiamo la fiamma e facciamoli cucinare.
Scoliamo la pasta molto al dente e spadelliamola nel sugo, al quale
aggiungeremo i frutti di mare precedentemente sgusciati, un po’ di acqua
di cottura della pasta e il peperoncino. Personalmente, a differenza di molti,
poiche’ dispongo di ottimo peperoncino, che arriva dritto dritto dal cuore
della Calabria, e che viene conservato fresco sott’olio, preferisco metterlo
alla fine, per conservarne intatto il sapore.
Impiattiamo, spolveriamo con una generosa manciata di prezzemolo tritato,
disponiamovi a guarnizione gli scampi e qualche guscio di vongola.
Prosciutto in crostaIngredienti: 1 prosciutto cotto, 1 kg farina, 50 gr. lievito di birra,
1 pizzico di sale, pepe nero, alcune foglie di alloro.
Preparazione: Mettere la farina in una terrina, aggiungendo un po' alla volta il lievito
sciolto in un po' d'acqua tiepida, aggiungere un pizzico di sale.
Impastare gli ingredienti fino a che diventano morbidi, coprire poi
l'impasto con un tovagliolo e lasciar lievitare al caldo; impastare
nuovamente e mettere ancora una volta a lievitare. Stendere poi la
pasta su una spianatoia e con un mattarello ottenere un foglio di circa 2-3 cm
che possa avvolgere il prosciuttino. Spargere sulla pasta un po' di grani
di pepe nero ed adagiarvi le foglie di alloro. Appoggiare al centro il prosciuttino
ed avvolgerlo completamente. Far aderire bene i lembi, in modo da unirli
bagnando con l'acqua le estremità, per non far aprire la pasta durante la cottura.
Infornare a 180 gradi e a questa temperatura far cuocere per circa 15 minuti,
dopodichè ridurre il calore e far cucinare per circa un'ora. Togliere dal forno,
tagliare il prosciutto a fette grosse da servire ben calde accompagnate
da rafano e senape forte.
Polpette fritteSono le più diffuse negli esercizi pubblici.
Per quattro
persone dovrebbe bastarvi:
— mezzo chilo di palpa di manzo macinata
— due o tre panini inzuppati nel latte e strizzati
—quattro spicchi d'aglio tritatissimi
— una manciata di prezzemolo tritato
— un pizzico di noce moscata
— un uovo
— sale e pepe
Amalgamate con cura tutti gli ingredienti e con le mani unte
d'olio formate delle polpette grandi quanto un mandarino.
Potete farle rotonde oppure schiacciarle, come preferite.
Rosolatele nell'olio abbastanza caldo, facendole colorire
molto bene da tutte le parti. Ve chi in precedenza le in-
farina leggermente.
Se doveste notare che le polpette tendono a sfaldarsi sarà
necessario aggiungere all'impasto ancora un po' d'uovo,
ma attenzione! Se esagerate con l'uovo otterrete polpette
dure come piere.
VariantiCo'la zivola. L'aglio va sostituito con mezza cipolla tri-
tata molto finemente.
Co'l pangratà. I panini imbevuti nel latte possono essere
sostituiti da due manciate di pangrattato. In tal caso sarà
bene aggiungere all'impasto un sorso di latte, per evitare
che le polpette risultino troppo dure.
Apanade. Rendete morbido l'impasto aggiungendovi del
latte e, una volta formate le polpette, avvoltolatele nel
pangrattato prima di immergerle nell'olio.
Co'l persuto. Sostituite parte della carne con altrettanto
prosciutto cotto tritato.
Co'l formaio. Aggiungete all'impasto una manciatina di
parmigiano grattugiato, non troppo però: anche il formag-
gio tende a rassodare le polpette, se usato in quantità esa-
gerata.
POLPETE IN SUGO(Polpette al sugo)
Preparate le polpette come indicato nella ricetta preceden-
te e secondo una qualsiasi delle varianti.
A parte preparate una salsa di pomodoro semplice. Quando
sarà pronta collocatevi le polpette ancora crude facendo-
vele cuocere per circa venti minuti oppure, se preferite,
potete prima friggere le polpette e poi passarle nel sugo
lasciando vele sobbollire per cinque minuti o anche meno.
Sardoni in savorIngredienti
1 kg. di sardoni (alici,pesce azzurro)
1 kg cipolla a julienne fine
1 bicchiere di aceto bianco non toppo forte
Alloro, sale olio extra vergine di oliva
sale e pepe
Olio per friggere
Questo piatto è il top nel finale di primavera, quando i sardoni abbondano
nelle pescherie di Trieste e di altre città rivierasche. I sardoni sono le alici italiane.
Compratele fresche, turgide, lucide, mi raccomando. Più son vecchi più
diventano mollicci.
Questo piatto secondo me è una delle cose più meravigliosamente ignoranti
che la cucina delle mie zone può offrire in assoluto, la maggior parte della
gente lo teme, perchè c'è cipolla gnà gnà gnà gnà. Mangiate cipolla, mangiate aglio,
la cucina deve soddisfare il palato, la panza e la mente.
Per cui, passando alla pietanza.
Pulire ,infarinare e friggere i sardoni in olio bollente
In un tegame largo e basso versare l'olio, la cipolla, il sale ed il pepe.
Lo coprirete con un coperchio e farete rosolare il tutto per cinque minuti circa
(finchè la cipolla avrà rilasciato il suo liquido) a fuoco basso. Quando noterete
che la cipolla sarà divenuta trasparente e di color rosato, unitevi un bicchiere
di aceto bianco e mezzo bicchiere di acqua fredda. Il liquido dev'essere almeno
un centimetro sopra il livello della cipolla. Unite a questo punto le foglie di
alloro e alzate la fiamma al massimo finchè il savor comincerà a bollire.
Continuate la cottura a fuoco medio si sia consumato della metà. Stendete
sul fondo di una pirofila uno strato di savor, poi uno strato di sardoni friti,
poi altro strato di savor e avanti così. L'ultimo strato in superficie dev'essere
di savor, per cui fate bene i calcoli. Tutto il liquido del tegame va versato
nella pirofila!!! Conservare in frigo due giorni al massimo.
Due simboli di TriesteTrieste oltre per il caffe’ e’ conosciuta per due sue caratteristiche particolarita’:
La BORA e il tram di Opicina.
Il tram di Opcina è oggi l'unico tram in tutta Europa con impianto a
trazione elettrica integrato con una funicolare ancora funzionante e supera un
dislivello di 343 metri con una pendenza che raggiunge fino l'8%.
Entrò in funzione il 9 settembre del 1902 per merito della Società Anonima
delle Piccole Ferrovie, sulla tratta Piazza Scorcola - Vetta Scorcola, per poi
prolungare la tratta anni dopo fino alla stazione di Villa Opicina.
Il primo tram era a trazione elettrica con locomotori a cremagliera che venne
sostituito il 26.04.1928 dall'impianto funicolare ossia dei carri scudo agganciati
alle funi d'acciaio che spingono in salita e frenano in discesa.
Esternamente il tram non era dotato della copertura per le due testate
come oggi visibile, cosicché il manovratore era esposto a tutte le intemperie.
Nelle giornate di maltempo era munito di un ampio mantello impermeabile
che serviva a coprire i comandi oltre a se stesso.
Nel 1908 vennero aggiunte le vetrate in seguito ad un lieve allungamento
della vettura stessa
Nel corso dei suoi cento anni, il tram ha subito notevoli modifiche strutturali
ed all'impianto funicolare, per migliorarne la potenzialità e per adeguarlo alle
norme di sicurezza.
La gestione del servizio del Tram de Opcina è passato negli anni dalla
Società Anonima delle Piccole Ferrovie al Comune, alla municipalizzata ACEGAT
(Azienda per i servizi di acqua, elettricità, gas e tramvie oggi AC.E.GA.S. Spa),
all'A.C.T. (Azienda Consorziale Trasporti) ed infine oggi alla Trieste Trasporti Spa.
ad un mese dalla sua inaugurazione, il 10 ottobre 1902 circa alle 7 del mattino,
il tram ebbe un guasto all'impianto frenante e dopo una pazza corsa di circa
200 metri lungo la ripida discesa di Scorcola (7% di pendenza), deragliò
abbattendo due pali elettrici che finirono su una casa distruggendola quasi
completamente.(vignindo zo per Scorcola una casa el ga ribaltà) Per fortuna
c'erano solo quattro passeggeri a bordo, tre dei quali saltarono dalla vettura
in corsa mentre il quarto,il frenatore, (el povero frenador) rimase intrappolato
tra le lamiere e per fortuna se la cavò solo con una gamba rotta. Da questa
vicenda, per fortuna non tragica, nacque una delle canzoni popolari più
famosa di Trieste sicuramente un simbolo per i triestini,




Il testo della canzone:EL TRAM DE OPCINA
(LA BORA)
E anche el tram de Opcina xe nato disgraziàvignindo zò per Scorcola
una casa'l ga ribaltàBona de Dio che jera giorno de lavorche dentro no ghe
jera che'l povero frenador
E come la bora che vien e che vai disi che'l mondo se ga ribaltà
E come la bora che vien e che vai disi che'l mondo se ga ribaltà
Co'l due se va a Servola, co'l quatro in Arsenalcol sie se va a Barcola,
col zinque in Ospedalcon l'uno in zimitero, co'l sete a la staziònco'l nove in
manicomio, co'l diese in canòn
E come la bora che vien e che vai disi che'l mondo se ga ribaltà
E come la bora che vien e che vai disi che'l mondo se ga ribaltà
E anche ste mulete tute mate pe'l capèlle zerca de acompagnarse
a quelche bel putèlma co i riva a casa se senti un gran bordèle pare,
mare e fia copa simisi co'l martèl
E come la bora che vien e che vai disi che'l mondo se ga ribaltà
E come la bora che vien e che vai disi che'l mondo se ga ribaltà
L'Italia ga pan bianco, la Francia ga bon vinTrieste ga putele tute
piene de morbìnCarbòn ga l'Inghiltera, la Russia ga caviale l'Austria ga
capuzi che no se pol magnar
E come la bora che vien e che vai disi che'l mondo se ga ribaltà
E come la bora che vien e che vai disi che'l mondo se ga ribaltà
E anche ste mulete xe nate carigadele tira zo le cotole per
meterse le braghele fuma come cogome, le legi el Grand Hotele pare,
mare e fia copa simisi co'l martèl
La BORA:La Bora è un vento catabatico, cioè di caduta e compressione adiabatica,
di provenienza nord/nord-orientale, che soffia con particolare intensità
specialmente verso l'Alto e Medio Adriatico e verso alcuni settori dell'Egeo
e del Mar Nero in presenza di forti gradienti barici tra continente e mare.
La bora più conosciuta è quella di Trieste. In Croazia è celebre anche quella
di Segna e in Slovenia quella di Aidussina. Lambisce marginalmente anche
alcune località del Friuli, soprattutto Udine e Cividale del Friuli, nonché
Gorizia e i comuni confinanti con Slovenia. La sua caratteristica è di
essere un vento "discontinuo" ovvero di manifestarsi con forti raffiche,
intervallate da un apparente calma di vento. A Trieste soffia con raffiche,
dette "refoli", specialmente in inverno, ed è denominata "bora chiara"
in presenza di cielo prevalentemente sereno e "bora scura" con cielo
coperto o molto nuvoloso .
L'aria artica continentale, relativamente densa e secca, scende da più
varchi ("porte") sull'Adriatico: in particolare, fluendo attraverso la
"porta di Postumia" o "porta della Bora" per antonomasia - una depressione
della catena alpina nelle Alpi Giulie, tra l'altopiano carsico del Monte Re
(Nanos-Hrusica) e il gruppo del Monte Nevoso (Snežnik-Javornik) -
investe il settore triestino, attenuandosi al di fuori di una ristretta fascia
di scorrimento limitata a nord ovest dal Monfalconese e a sud est dalla
parte settentrionale dell'Istria bianca.
Nel golfo di Trieste la bora mantiene la direzione principale ENE-WSW,
causando un vivace moto ondoso e di deriva. Sia pure notevolmente
indebolita, si fa sentire sino a Venezia, a Chioggia, ed oltre.
Nel semestre invernale questo tipo di vento può raggiungere e
superare velocità di 35-40 m/s e può durare per diversi giorni.
Sempre a Trieste, a causa delle frequenti giornate di bora (circa 1 giornata
su 4 all'anno nei mesi invernali, in media), il tempo locale varia in modo
repentino e caratteristico.
Un antico detto dei vecchi della Venezia Giulia, soprattutto fiumani e
triestini, recita che "la Bora nasce a Segna, si sposa a Fiume e muore a Trieste".





La BORA e’ un vento con raffiche incostanti,puo’ perdurare da poche
ore o anche quattro giorni di fila.
Vengono annotati dall’osservatorio meteorologico di Trieste anche i dati
riguardanti il numero
Delle raffiche piu’ forti a giornata e i record di velocita’ per singola raffica.
Nella singolare graduatoria delle raffiche di bora triestina, mediamente ci
sono le raffiche da 100 e 150 Km/h ma i record veri sono i
180 chilometri all’ ora rilevate dall’ Istituto Nautico
il 13 dicembre 1995, il 25 dicembre 1996 e
l’ 11 gennaio 2003. Piu’ forte di queste quattro raffiche - hanno spiegato
all’ Istituto Nautico - e’ stata sicuramente quella che nel 1952 strappo’
via l’ anemometro dell’ Istituto Talassografico, della quale, quindi, non c’e’
registrazione ufficiale ma approssimativamente sopra i
200 Km/h!Il 10 marzo 2010 la Bora ha segnato nuovi record.
La raffica singola piu' forte registrata in centro citta' e' stata di 151 Km/h.
La raffica singola registrata sul golfo di Trieste era di 211 Km/h.
E la durata eccezionale del fenomeno di Bora con un record di ben 48 ore
dove le raffiche di vento non sono mai scese al di sotto della soglia dei 100 Km/h!
Ecco 2 video del 10 marzo:
http://www.youtube.com/watch?v=5iHyD8AW0Mohttp://www.youtube.com/watch?v=GXFLc4aSlmEInutile dire che vado fiero del mio territorio e questo e' il frutto di una accurata ricerca,
lo so che forse ho esagerato ma volevo essere il piu' completo possibile.grazie per l'attenzione